Alc. Fragm. 69 VOIGT 1971
Erodoto, Storie, Herodotus, with an English translation , A. D. Godley. Cambridge. Harvard University Press. 1920
Ibidem
Aristotele, Etica Nicomachea, J. Bywater, Aristotle's Ethica Nicomachea. Oxford, Clarendon Press, 1894
Aristot. Pol.1257a 19-41, Harvard University Press,1935.
Ibidem
Aristot, Ath.Pol. X , KENYON1920
Strabo. VIII 6. 16, MENEIKE 1877
Plin NH VII 198, MAYHOFF, 1906
Aesch. Pers.238, SMYTH, 1926
Cfr. fonte 1 pag. 2
Cfr. fonte 2 pag. 3
Cfr. fonte 4 pag.4
Cfr. fonte 6 pag. 7
WEBER 1981, passim
Iliade, VI, 230-36
BREGLIA 1961, pp. 5-17
PARISE 1979 , pp. 51-7
PARISE 2000, pagg. 35-36
SCHMITT-PANTEL 1980 , N. 2
MAUSS 1923, pagg. 153-292
WALDSTEIN 1902, pag. 48
ORION Etymologicum
GODLEY 1920, passim
CANTILENA 2011, pagg. 60-61
RAGONE 2006, pagg. 85-86
Ibid.
CANTILENA 2001, pagg. 111-113
LE RIDER 2001, pag. 289
PARISE 1995
Cfr. fonte 7
Nel catalogo proposto si è deciso di inserire anche le serie in elettro e le frazioni.
IGCH 1482, 1639, 1644, 1646, 1874
PRICE-WAGGONER 1975, passim
PARISE 2000, pag.57
THOMPSON 1979, passim
VICKERS 1985, passim
KROLL-WAGGONER,1984, pag. 327
KRAAY-MOOREY 1968, passim
VICKERS 1985, pagg.1-44
KROLL 1981, pag.23
FORABOSCHI 1989, pagg.67
GIUMAN 2000, pagg.31-42
Seltman 1924, passim
SEG XXVI (1976-77) nr.72,4
Cfr. fonte letteraria 5
KROLL 1993, pag.5
Hdt. V 71; Thuc. I 126.3; Euseb. Chron. arm. pp. 287s
OLIVIERI 2009, pag. 35 e segg.
Euseb. Chron. arm. pp. 287s. Aucher.
WADE-GERY 1951, pp. 217-220
Pherec. FGrHist 3 F 2 (ap. Marcell. Vit. Thuc. 2-4); Schol. Aristid. Panath. p. 189.
Hdt. I 64. STAHL 1987, pp. 201, 227s
Thuc. VI 102. MUSTI 2006, p. 333
VAN ALFEN 1644, passim
ANS. 2008.39.77 pl.11,2
LORBER 2008, p.4
DE RIDDER 2010, passim
Op. cit. cfr. nota 43
BABELON 1901, p.715
COOK 1914, pag. 277
Premessa
Lo scopo di questa ricerca è di dimostrare i motivi per i quali le emissioni monetali arcaiche di Atene, dette Wappenmünzen, presentino sul diritto molteplici tipi, a differenza delle monete delle altre importanti poleis della Grecia continentale, le quali, sin dalle prime coniazioni, presentano un tipo fisso.
Questa varietà di tipi ha aperto moltissime discussioni tra gli studiosi ed è stato motivo di numerose teorie.
In questo lavoro si sono voluti riconsiderare questi studi e, soprattutto, i materiali, raccogliendo in catalogo anche le monete inedite, provenienti da cataloghi di aste, dei musei e da più recenti ritrovameti archeologici, per avere un quadro più completo e poter osservare sia i tipi sul diritto sia i rovesci, i quali, invece, sono quadrati incusi quadripartiti e resteranno tali per tutta la durata della loro circolazione.
Si è tentato, inoltre, di ricostruire, attraverso le fonti letterarie e archeologiche, quale fosse la situazione politica e sociale di Atene nel periodo in cui queste monete furono coniate.
Capitolo I
Introduzione
Le emissioni arcaiche di Atene sono state definite dagli studiosi Wappenmünzen, ossia monete araldiche, da una terminologia introdotta da Theodore Mommsen.
Queste monete presentano un quadrato incuso quadripartito al rovescio, mentre sul diritto i tipi sono diversificati in varie serie.
I tipi furono identificati con gli stemmi araldici delle famiglie aristocratiche che si avvicendavano nella gestione del potere ad Atene, prima del periodo della tirannide dei Pisistratidi.
Attraverso la revisione dei materiali e attraverso lo studio delle varie teorie avanzate per queste serie, vorremmo riaprire la questione sulla motivazione di tale scelta così diversa dalla maggior parte delle principali poleis greche, da parte delle autorità emittenti, e costituire un nuovo corpus di Wappenmünzen, alla luce dei nuovi materiali comparsi.
Nell'interpretazione dei tipi, gli studiosi hanno proposto diverse ipotesi: si è partiti, come abbiamo accennato, dagli stemmi araldici, passando poi per gli scudi dipinti sulla ceramica a figure nere, fino alla teoria che ogni tipo fosse collegato a una delle trittie.
Altre perplessità nascono dalla cronologia, a tale proposito saranno vagliate in primis le fonti letterarie, le fonti archeologiche e in seguito tutti gli studi precedenti.
Capitolo II
2.1 Fonti letterarie
Un ruolo molto importante, al fine di questa ricerca, è l'analisi delle fonti letterarie inerenti all'introduzione della moneta in generale e al contesto ateniese specifico.
In questa sede riportiamo i testi della letteratura greca riguardanti la nascita della moneta, il suo impatto sociale, politico e militare, le riforme relative ai sistemi di pesi e misure.
Alceo, Frammenti (Alc. Fragm. 69 Voigt)
Ζευ πάτερ, Λύδοι μέν επασχάλαντες
Συμφόραισι δισκελιόις στάτηρας
Αμμ'εδωκαν, αί κε δυναμεθ'ιρ
Ές πόλιν ελθην
Addolorati per le nostre sventure,
I Lidi, o padre Zeus, diedero a noi
Duemila stateri, se mai potessimo venire
Alla sacra città.
Erodoto, Storie (Hdt. 1.94)
Λυδοὶ δὲ νόμοισι μὲν παραπλησίοισι χρέωνται καὶ Ἕλληνές, χωρὶς ἢ ὅτι τὰ θήλεα τέκνα καταπορνεύουσι, πρῶτοι δὲ ἀνθρώπων τῶν ἡμεῖς ἴδμεν νόμισμα χρυσοῦ καὶ ἀργύρου κοψάμενοι ἐχρήσαντο, πρῶτοι δὲ καὶ κάπηλοι ἐγένοντο.
I costumi dei Lidi sono simili a quelli dei Greci, ad eccezione del fatto che prostituiscono le figlie.
Furono i primi degli uomini di cui abbiamo conoscenza che coniarono e utilizzarono moneta d'oro e d'argento e furono anche i primi a esercitare il commercio al dettaglio.
Erodoto,Storie (Hdt. 6.127.3)
ἀπὸ δὲ Πελοποννήσου Φείδωνος τοῦ Ἀργείων τυράννου παῖς Λεωκήδης, Φείδωνος δὲ τοῦ τὰ μέτρα ποιήσαντος Πελοποννησίοισι καὶ ὑβρίσαντος μέγιστα δὴ Ἑλλήνων πάντων
Dal Peloponneso proveniva Leodices, figlio di Fidone tiranno di Argo, quel Fidone che istituì i pesi e le misure per il Peloponneso e agì più arrogantemente di ogni altro greco.
Aristotele, Etica Nicomachea (Aristot. Nic. Eth.1133a 19 28)
ἐφ᾽ ὃ τὸ νόμισμ᾽ ἐλήλυθε, καὶ γίνεταί πως μέσον: πάντα γὰρ μετρεῖ, ὥστε καὶ τὴν ὑπεροχὴν καὶ τὴν ἔλλειψιν, πόσα ἄττα δὴ ὑποδήματ᾽ ἴσον οἰκίᾳ ἢ τροφῇ. δεῖ τοίνυν ὅπερ οἰκοδόμος πρὸς σκυτοτόμον, τοσαδὶ ὑποδήματα πρὸς οἰκίαν ἢ τροφήν. εἰ γὰρ μὴ τοῦτο, οὐκ ἔσται ἀλλαγὴ οὐδὲ κοινωνία. τοῦτο δ᾽, εἰ μὴ ἴσα εἴη πως, οὐκ ἔσται. δεῖ ἄρα ἑνί τινι πάντα μετρεῖσθαι, ὥσπερ ἐλέχθη πρότερον. τοῦτο δ᾽ ἐστὶ τῇ μὲν ἀληθείᾳ ἡ χρεία, ἣ πάντα συνέχει: εἰ γὰρ μηθὲν δέοιντο ἢ μὴ ὁμοίως, ἢ οὐκ ἔσται ἀλλαγὴ ἢ οὐχ ἡ αὐτή: οἷον δ᾽ ὑπάλλαγμα τῆς χρείας τὸ νόμισμα γέγονε κατὰ συνθήκην: καὶ διὰ τοῦτο τοὔνομα ἔχει νόμισμα, ὅτι οὐ φύσει ἀλλὰ νόμῳ ἐστί, καὶ ἐφ᾽ ἡμῖν μεταβαλεῖν καὶ ποιῆσαι ἄχρηστον. ἔσται δὴ ἀντιπεπονθός, ὅταν ἰσασθῇ, ὥστε ὅπερ γεωργὸς πρὸς σκυτοτόμον, τὸ ἔργον τὸ τοῦ σκυτοτόμου πρὸς τὸ τοῦ γεωργοῦ. εἰς σχῆμα δ᾽ ἀναλογίας οὐ δεῖ ἄγειν, ὅταν ἀλλάξωνται εἰ δὲ μή, ἀμφοτέρας ἕξει τὰς ὑπεροχὰς τὸ ἕτερον ἄκρον , ἀλλ᾽ ὅταν ἔχωσι τὰ αὑτῶν. οὕτως ἴσοι καὶ κοινωνοί, ὅτι αὕτη ἡ ἰσότης δύναται ἐπ᾽ αὐτῶν γίνεσθαι. γεωργὸς α, τροφὴ γ, σκυτοτόμος β, τὸ ἔργον αὐτοῦ τὸ ἰσασμένον δ. εἰ δ᾽ οὕτω μὴ ἦν ἀντιπεπονθέναι, οὐκ ἂν ἦν κοινωνία. ὅτι δ᾽ ἡ χρεία συνέχει ὥσπερ ἕν τι ὄν, δηλοῖ ὅτι ὅταν μὴ ἐν χρείᾳ ὦσιν ἀλλήλων, ἢ ἀμφότεροι ἢ ἅτερος, οὐκ ἀλλάττονται, ὥσπερ ὅταν οὗ ἔχει αὐτὸς δέηταί τις, οἷον οἴνου, διδόντες σίτου ἐξαγωγήν. δεῖ ἄρα τοῦτο ἰσασθῆναι. ὑπὲρ δὲ τῆς μελλούσης ἀλλαγῆς, εἰ νῦν μηδὲν δεῖται, ὅτι ἔσται ἂν δεηθῇ, τὸ νόμισμα οἷον ἐγγυητής ἐσθ᾽ ἡμῖν: δεῖ γὰρ τοῦτο φέροντι εἶναι λαβεῖν. πάσχει μὲν οὖν καὶ τοῦτο τὸ αὐτό: οὐ γὰρ ἀεὶ ἴσον δύναται: ὅμως δὲ βούλεται μένειν μᾶλλον. διὸ δεῖ πάντα τετιμῆσθαι: οὕτω γὰρ ἀεὶ ἔσται ἀλλαγή, εἰ δὲ τοῦτο, κοινωνία. τὸ δὴ νόμισμα ὥσπερ μέτρον σύμμετρα ποιῆσαν ἰσάζει: οὔτε γὰρ ἂν μὴ οὔσης ἀλλαγῆς κοινωνία ἦν, οὔτ᾽ ἀλλαγὴ ἰσότητος μὴ οὔσης, οὔτ᾽ ἰσότης μὴ οὔσης συμμετρίας. τῇ μὲν οὖν ἀληθείᾳ ἀδύνατον τὰ τοσοῦτον διαφέροντα σύμμετρα γενέσθαι, πρὸς δὲ τὴν χρείαν ἐνδέχεται ἱκανῶς. ἓν δή τι δεῖ εἶναι, τοῦτο δ᾽ ἐξ ὑποθέσεως: διὸ νόμισμα καλεῖται: τοῦτο γὰρ πάντα ποιεῖ σύμμετρα: μετρεῖται γὰρ πάντα νομίσματι. οἰκία α, μναῖ δέκα β, κλίνη γ. τὸ α τοῦ β ἥμισυ, εἰ πέντε μνῶν ἀξία ἡ οἰκία, ἢ ἴσον: ἡ δὲ κλίνη δέκατον μέρος, τὸ γ τοῦ β: δῆλον τοίνυν πόσαι κλῖναι ἴσον οἰκίᾳ, ὅτι πέντε. ὅτι δ᾽ οὕτως ἡ ἀλλαγὴ ἦν πρὶν τὸ νόμισμα εἶναι, δῆλον: διαφέρει γὰρ οὐδὲν ἢ κλῖναι πέντε ἀντὶ οἰκίας, ἢ ὅσου αἱ πέντε κλῖναι.
È necessario che tutti i beni che sono oggetto di scambio siano in qualche modo comparabili.
Per questa ragione è stata introdotta la moneta, che è una sorta d'intermediario; essa, infatti, misura ogni cosa, anche l'eccesso e il difetto, e permette di stabilire quanti sandali siano equivalenti a una casa o a una certa quantità di cibo.
È dunque necessario, come si è detto in precedenza, che una sola unità misuri tutti i beni.
In verità questa sola unità è il bisogno, il quale mette in relazione ogni cosa.
Infatti, se non vi fosse bisogno di nulla o vi fosse bisogno di beni ineguali, non vi potrebbe essere lo scambio o lo scambio sarebbe ineguale.
La moneta è quindi sorta per convenzione come compenso del bisogno; per questo il nome della moneta è "misura legale", perché nasce non per natura, ma per "legge", ed è in nostro potere di cambiarla o metterla fuori uso.
Se poi al momento non vi sia bisogno di nulla, la moneta è per noi una sorta di garante degli scambi futuri, qualora si presenti il bisogno: occorre, infatti, che chi abbia moneta abbia la possibilità di acquistare.
Certo, anche la moneta è soggetta a delle variazioni, e difatti non ha sempre lo stesso potere d'acquisto; e tuttavia essa tende piuttosto a conservare un valore stabile.
Perciò occorre che ogni cosa sia valutata: in questo modo vi sarà sempre uno scambio, e se vi è uno scambio, vi sarà conseguentemente una comunità di uomini.
La moneta, dunque, rende uguali i beni allo stesso modo di una misura che rende commensurabili fra loro le cose: infatti, non vi potrebbe essere una comunità d'uomini se non vi fosse uno scambio di beni, né potrebbe esservi uno scambio se non vi fosse uguaglianza dei beni scambiati, né infine potrebbe esservi quest'uguaglianza se i beni non fossero commensurabili.
In verità, è impossibile che dei beni tanto differenti siano commensurabili, ma ai fini del bisogno si può farlo in maniera sufficiente.
Sia A una casa, B dieci mine, C un letto.
Sia A la metà di B, ammettendo che la casa abbia un valore di cinque mine o il suo equivalente; sia il letto C la decima parte di B: risulta allora evidente quanti letti siano equivalenti ad una casa, e cioè cinque.
Che lo scambio dovesse avvenire in questo modo prima che fosse adottata la moneta, è chiaro: infatti, non fa alcuna differenza dare cinque letti in cambio di una casa o il prezzo equivalente a cinque letti.
Aristotele, Economico (Aristot. Oecon. 1347 a 8-11)
τό τε νόμισμα τὸ ὂν Ἀθηναίοις ἀδόκιμον ἐποίησε, τάξας δὲ τιμὴν ἐκέλευσε πρὸς αὑτὸν ἀνακομίζειν: συνελθόντων δὲ ἐπὶ τῷ κόψαι ἕτερον χαρακτῆρα, ἐξέδωκε τὸ αὐτὸ ἀργύριον.
Egli (Ippia) inoltre rese non valida la moneta corrente ateniese, promettendo di pagare i titolari a tasso fisso: tuttavia quando ricevette la diversa coniazione, reintrodusse la stessa moneta.
È chiaro che nella prima forma di comunità (e cioè la famiglia) non vi è necessità di ricorrere al commercio, che si sviluppa invece quando la comunità è già divenuta più numerosa.
I membri della famiglia, infatti, mettevano in comune tutti i beni, mentre un gruppo diviso in tante famiglie metteva in comune molti beni anche di genere diverso, che era poi necessario scambiarsi secondo i bisogni, come ancora oggi fanno molti dei popoli barbari attraverso il baratto.
Questi popoli, infatti, si limitano a scambiare beni utili con altri beni utili, come quando danno o ricevono vino in cambio di grano, e allo stesso modo scambiano ciascuno degli altri beni di questo genere.
Quando poi si cominciò ad approvvigionarsi da terre sempre più lontane, importando quei beni di cui vi fosse bisogno ed esportando quelli presenti in abbondanza, si ricorse necessariamente all'uso della moneta.
Infatti, tutti i beni indispensabili alle necessità naturali non sono facili da trasportare; di conseguenza, gli uomini si accordarono fra loro a dare e ricevere qualcosa di utile che fosse facile a maneggiarsi nelle circostanze della vita, come il ferro o l'argento o qualche altro metallo.
Il valore di questi metalli dapprima era definito in maniera semplice sulla base della grandezza e del peso, in seguito vi fu impresso sopra uno stampo per evitare di misurarli; lo stampo, infatti, fu posto come segno della quantità.
Aristotele, Costituzione degli Ateniesi (Aristot, Ath.Pol. X)
ἔπ᾽ ἐκείνου γὰρ ἐγένετο καὶ τὰ μέτρα μείζω τῶν Φειδωνείων, καὶ ἡ μνᾶ, πρότερον ἔχουσα σταθμὸν ἑβδομήκοντα δραχμάς, ἀνεπληρώθη ταῖς ἑκατόν. ͅͅ ἦν δ᾽ ὁ ἀρχαῖος χαρακτὴρ δίδραχμον. ἐποίησε δὲ καὶ σταθμὰ πρὸς τὸ νόμισμα, τρεῖς καὶ ἑξήκοντα μνᾶς τὸ τάλαντον ἀγούσας, καὶ ἐπιδιενεμήθησαν αἱ τρεῖς μναῖ τῷ στατῆρι καὶ τοῖς ἄλλοις σταθμοῖς.
Al suo tempo, infatti, le misure si accrebbero rispetto a quelle di Fidone e la mina che prima contava 70 dracme, fu portata a 100. L'antico tipo di moneta era il didrammo.
Confermò il peso alla moneta per cui sessanta mine pesavano un talento e si divisero le mine nello statere e negli altri sottomultipli.
Strabone, Geografia (Strabo. VIII 6. 16)
Ἔφορος δ᾽ ἐν Αἰγίνῃ ἄργυρον πρῶτον κοπῆναί φησιν ὑπὸ Φείδωνος: ἐμπόριον γὰρ γενέσθαι, διὰ τὴν λυπρότητα τῆς χώρας τῶν ἀνθρώπων θαλαττουργούντων ἐμπορικῶς, ἀφ᾽ οὗ τὸν ῥῶπον Αἰγιναίαν ἐμπολὴν λέγεσθαι.
Eforo sostiene che la moneta d'argento è stata coniata per la prima volta ad Egina da Fidone; l'isola, infatti, era divenuta un grande centro commerciale perché i suoi abitanti, a causa della scarsa fecondità del suolo, si erano dati ad esercitare il commercio per mare, ed è questo il motivo per cui la merce di poco valore è detta egineta.
Plinio il vecchio, Naturalis Historia (Plin NH VII 198)
fabricam ferrariam invenerunt Cyclopes, figlinas Coroebus Atheniensis (…) mensuras et pondera Phidon Argivi aut Palamedes, ut maluit Gellius
I Ciclopi introdussero l'industria metallurgica, l'ateniese Corebo l'arte di lavorare la creta, Fidone di Argo (introdusse) i pesi e le misure, oppure Palamede, che Gellio ha preferito.
Eschilo, Persiani (Aesch. Pers. 238)
ἀργύρου πηγή τις αὐτοῖς ἐστι, θησαυρὸς χθονός.
Hanno una fonte d'argento, un tesoro nel loro suolo.
Le fonti letterarie attestano la presenza di circolazione monetaria e tramandano tradizioni che mescolano il mito alla cronaca, esse rappresentano un punto di partenza per la cronologia delle prime monete.
Alceo , con i suoi versi, suggerisce l'esistenza di stateri lidi, utilizzati per retribuire i soldati mercenari, probabilmente.
Con questi medesimi versi spalanca le porte e un problema di cronologia, poiché essi risalgono a quando la moneta ancora non c'era, dunque è ipotizzabile che egli, parlando di stateri, si riferisse a pesi.
Erodoto attribuisce ai Lidi l'invenzione della moneta, confermando questa teoria ormai pienamente condivisa anche dagli studiosi contemporanei, e attribuisce a Fidone di Argo l'istituzione dei pesi e delle misure e Aristotele apre una discussione sulle funzioni della moneta.
L'Etica Nicomachea identifica nella moneta uno strumento di giustizia e un correttivo degli equilibri all'interno di una comunità sociale.
La moneta fornisce lo strumento di mediazione poiché con essa tutto è misurabile, tuttavia bisogna sollevare un'obiezione alla teoria dell'introduzione della moneta per ragioni di scambio e di mercato: d'altronde basti costatare che molte serie monetali introdotte al principio della monetazione sono iniziate con nominali di grande valore.
Sembra che le monete introdotte fossero destinate alla tesaurizzazione o utilizzate per grandi pagamenti statali (opere edilizie, costruzione di templi, etc.), o ancora per le spese di guerra, per il pagamento dei soldati mercenari.
Il proliferare delle zecche, soprattutto nella Grecia settentrionale, che emettevano moneta, può essere visto come il legittimo desiderio di autodeterminazione di una polis, l'orgoglio a essere riconosciuta e a farsi accettare universalmente attraverso un simbolo tangibile come la moneta, si cercherà di dimostrarlo più avanti, attraverso l'osservazione dei ritrovamenti archeologici relativi alle prime coniazioni monetali.
E' importante osservare, a proposito del brano di Strabone su Fidone di Argo, il ruolo fondamentale che ebbe lo spiedo nel passaggio dagli scambi premonetari alla coniazione vera e propria di monete.
Capitolo III
3.1 Gli strumenti premonetali
L'istituzione della moneta nella società arcaica è connessa a un sistema di istituti e rappresentazioni sociali, alla nascita delle poleis e al passaggio da un pensiero mitologico ad un pensiero positivo.
I poemi omerici fanno riferimento a divisione di bottini, sacrifici, offerte votive, doni nuziali.
Dalla lettura di alcuni passi dell'Iliade si nota facilmente il valore che aveva assunto il bue negli scambi, nelle donazioni e nei sacrifici.
Anche le ricompense ai vincitori dei giochi prevedevano una sorta di gerarchia dei premi in base al loro valore.
Tutti questi esempi rappresentano la preistoria della circolazione monetale.
Secondo alcuni studi, tuttavia, questi premi o i buoi stessi, venivano gerarchizzati in base alla loro sacralità.
Accanto a questi tipi di donativi e ricompense, vi erano infatti anche spiedi e tripodi, doppie asce e lebeti.
Spiedo, in greco obelos, è alla radice del termine obolo, obolos, cioè la frazione della dracma, la sesta parte di essa, per l'esattezza.
Lo spiedo rappresenta lo strumento con cui s'infilza la carne per i sacrifici agli dei e con il quale essa viene distribuita ai partecipanti al banchetto sacro, così , poiché rappresenta la divisione in parti della carne, è diventato anche sinonimo di quantità stabilita.
Così obelos diverrà la porzione di metallo pesato, obolos, e ciò rende intellegibile il passo di Strabone riportato nella parte dedicata alle fonti letterarie, il quale tramanda la tradizione che vede Fidone di Argo protagonista nella regolamentazione dei pesi e delle misure, introducendo la moneta dopo aver sacrificato tutti gli spiedi alla dea Hera.
Dalla suddivisione della carne sacrificale in porzioni e dalla pratica dello scambio, associando lo spiedo alla porzione, si è passati da una pratica religiosa e sacrificale all'espressione di un'unità determinata quantitativamente, poiché il numero necessario di spiedi per distribuire la carne di un intero bue sacrificale era di sei, questo sarà inteso per multiplo dell'unità di conto.
E' necessario insistere, però, sul palese errore che si commetterebbe se si legasse la nascita della moneta a una serie di passaggi "evoluzionistici" degli oggetti di scambio, dal bestiame, a oggetti sacri, per poi passare a gocce pesate di metallo pregiato fino alla moneta vera e propria, errore che molti studiosi hanno commesso, approcciandosi alla preistoria della moneta con uno spirito razionalistico da economisti moderni.
Il baratto non aveva valore economico assoluto, ma anche sociale, religioso e giuridico.
3.2 La nascita della moneta in Grecia
Alla fine dell'Ottocento, durante gli scavi condotti presso l'Heraion di Argo, furo trovati 180 spiedi bronzei presso l'aerea dell'altare.
Questo ritrovamento potrebbe confermare la tradizione straboniana, che oltretutto è supportata da Orione di Tebe, grammatico del V d.C.
Tuttavia da molte fonti sappiamo quanto fosse diffusa l'usanza di sacrificare spiedi alle divinità, in epoca arcaica, e comunque, ciò non spiega perché mai Fidone di Argo avrebbe dovuto occuparsi dell'introduzione della moneta ad Egina.
Erodoto ci tramanda che Fidone aveva introdotto un sistema di misura nel Peloponneso, ma tutti gli studiosi sono concordi sull'idea che egli non abbia potuto introdurre la moneta a Egina, anche perché le prime monetazioni greche non precedono il secondo quarto del VI secolo a.C. inoltre non è dimostrato che Fidone abbia mai governato su Egina.
Nel secondo quarto del VI secolo a.C. l'uso della moneta si diffuse nella Grecia continentale attraverso le isole dell'Egeo, che fungevano da ponte tra l'Anatolia, dove iniziarono a circolare le prime monete, e l'Ellade.
Esse erano inizialmente gocce di metallo pesato, poi iniziarono a circolare tondelli striati e infine coniati con tipi al diritto e quadrato incuso al rovescio, ma di questo ci occuperemo nel prossimo capitolo.
La moneta di Egina è sicuramente una delle più antiche, si diffuse nel 550 circa ed ebbe una notevole importanza tra le isole egee.
La dracma eginetica pesa circa 6,20 grammi, questo sistema ponderale si diffonderà nell'Egeo, in Grecia continentale e in Asia Minore.
Le χελῶναι, tartarughe, sono chiamate così per il tipo che le caratterizza al diritto, che resterà fisso, se non per la convenzionale distinzione tra tartaruga marina e tartaruga terrestre.
Il terminus ante quem più alto per queste monete è uno statere d'argento ritrovato nel deposito di fondazione dell'Apadana di Persepoli, databile all'incirca al 511 a.C.
Esse inizialmente sono anepigrafi, ma dal IV secolo a.C. saranno caratterizzate dall'etnico ΑΙΓΙ(ναίων) inserito nel quadrangolo incuso al rovescio.
La tradizione lessicografica le ricorda sovente come Πελοποννησιακόν νόμισμα, e di fatto queste monete si diffusero notevolmente nel Peloponneso, ma anche altrove, con una presenza anche in ripostigli precoci come Asyût, Taranto e Selinunte.
Le serie di Corinto si diffusero più o meno negli stessi anni di quelle ateniesi, esse si distinguono per il tipo del Pegaso al diritto e un quadrato incuso a forma di swastica.
Lo statere corinzio si divide in tre dracme.
Capitolo IV Fonti archeologiche
Il metallo prezioso diviene moneta quando un'autorità riconosciuta imprime un sigillo su un tondello, di peso e lega prestabiliti, e ne rende possibile lo scambio per numero anziché per peso.
Erodoto, nel passo delle "Storie" citato sopra, assieme al frammento di Alceo, afferma un concetto che è stato in parte confermato da un eccezionale ritrovamento archeologico.
Infatti, gli scavi dell'Artemisio di Efeso, dimostrano che la Lidia è stata davvero la località in cui furono emesse le prime monete.
D.G. Hogart nel 1904/5 effettuò una campagna di scavi in livelli anteriori all'età di Creso, alla base centrale del tempio, rinvenendo un gruzzolo di 93 globuli di metallo prezioso, elettro, di differenti pesi e tipi (gocce di metallo pesato, globetti con striature e punzonatura, monete con tipi e iscrizione).
Esse sono state attribuite sia alla Lidia sia a varie poleis greche, come Focea.
Il tesoro fu interpretato come un'unica offerta votiva, comprensiva di tutte le monete che erano state in circolazione a Efeso, durante il regno di Alyatte.
Questi esemplari di moneta testimoniano attraverso le modifiche di tipo e di tecnica, il passaggio dalle gocce di metallo pesato, dalla superficie liscia o striata e punzonata, all'uso di monete con tipo fisso raffigurato.
Le prime fasi di questo passaggio si possono osservare nei diciannove esemplari rinvenuti in una brocchetta sub geometrica, contenente globetti lisci, striati e punzonati, una grande varietà di tipi, ora la datazione proposta da Hogart al termine dei suoi scavi è stata oggetto di discussioni accese tra gli studiosi: E. S. G. Robinson ha abbassato di molto la datazione, ipotesi incoraggiata anche da P. Jacobsthal, che ha ritenuto che gli oggetti trovati assieme alle monete non potessero avere una datazione così alta come proposto in precedenza.
La base centrale e il deposito di fondazione sotto il quale è sono state ritrovate queste monete tesaurizzate, secondo questi studiosi, è datata al primo decennio del VI secolo (600-590 a.C.), le gocce con solo la punzonatura sono apparse verso il 630 e poco dopo un tipo era stato posto al diritto.
Al fine di chiarire la pluralità della tipologia di alcune serie greche si è ipotizzato il ruolo dei privati.
Non tanto, però, nel senso tradizionale di mercanti che appongono il proprio sigillo su una «goccia» di metallo prezioso di peso e di forma definiti per corrispondere alle esigenze della circolazione, quanto d'individui che impiegano i pezzi coniati per far donativi, distribuire premi e dare compensi.
Sono stati chiamati in causa anche i bisogni di esaltazione e di propaganda dei ceti aristocratici soprattutto in periodi di guerre particolarmente lunghe e sanguinose o comunque in periodi di crisi.
La cronologia più bassa l'ha proposta M. Vickers, secondo questo studioso il terminus ante quem della base centrale sarebbe il 520 a.C. quindi l'inizio delle coniazioni sarebbe intorno al 550 o forse più tardi, poiché non è certo che Creso abbia coniato moneta (teoria secondo la quale le cosiddette "creseidi" sono da considerarsi tutte persiane achemenidi).
La tradizione di studi numismatici tramanda che a queste serie di monete in elettro, infatti, seguirebbero le serie delle cosiddette "creseidi", coniate in Lidia, nel VI secolo a.C., verso il tempo di Creso.
Capitolo V Le monete a Atene
Aristotele, ne "La costituzione degli Ateniesi" attesta che Solone fu colui che introdusse la coniazione di monete ad Atene nei primi anni del sesto secolo.
Inoltre Plutarco, citando Androzione nella "Vita di Solone" ci parla delle riforme sul sistema dei pesi effettuate dal legislatore, riferendosi anche alle monete, nella sua riforma riguardante debiti e usura.
Resta il fatto, comunque, che per gli studiosi, nessun cambio del peso standard può essere accertato o documentato, sappiamo che la coniazione iniziò con il peso standard euboico-attico di circa 4,3 grammi e che tale peso è rimasto inalterato fino a tutto il periodo ellenistico.
Secondo diversi pareri, prima di Solone, gli ateniesi avrebbero utilizzato la moneta di Egina, più pesante, e in seguito, con la sua riforma, il peso sarebbe stato ridotto.
La coniazione ad Atene cominciò con le Wappenmünzen.
Esse sono in argento, di peso attico, e presentano vari tipi con valore di stemma circondati da una cornice a forma di scudo, sono stateri e didrammi con tipi differenti, senza etnico e al rovescio presentano un quadrato incuso, tranne il tipo di ultima produzione che anticipa la coniazione delle cosiddette "civette", infatti, nel 525-510 a.C., furono prodotte tetradracme con la testa di Gorgone sul diritto e, al rovescio, una protome di pantera o di toro entro un quadrato incuso, quindi fu abbandonato il tipo del quadrato incuso.
Capitolo VI La circolazione
La circolazione delle Wappenmünzen è riconducibile, principalmente, entro i confini dell'Attica, e per circa due decadi: il ritrovamento di tesori e ripostigli mostra che soltanto un piccolo numero di monete si trovasse fuori dall'Attica.
L'edizione del ripostiglio di Asyût può in maniera opportuna iniziare la rassegna delle principali e più recenti ricerche intorno ai «fattori» di cui è necessario far conto nello studio della moneta greca.
La presentazione del nuovo materiale è stata, infatti, occasione per riconsiderare cronologia, attribuzione, tipologia e tecnica delle monetazioni più antiche, confermando una datazione per le prime monete ai primi decenni del regno di Alyatte, ossia ultimo quarto del settimo secolo.
Il ripostiglio in questione, rinvenuto nel 1975 ad Asyût, nell'Egitto centrale, ci introduce anche alla questione fondamentale di questo lavoro, vale a dire l'inizio della coniazione ad Atene e le sue prime monete.
Price e Waggoner ritengono che il gruzzolo sia stato occultato nel 475 a.C., ma Vickers preferisce manifestare qualche perplessità circa tale data, per la presenza di una moneta di Alessandro Magno risalente alla metà del suo regno.
Il ripostiglio di Asyut, secondo Kroll, può essere datato grazie ad un terminus post quem fornitoci da alcune monete coniate dai Samii che si insediarono a Zancle nel 490 a.C., quello di Taranto invece ha permesso il ritrovamento di una moneta dell'alleanza tra Calcide e Tebe, ossia databile intorno al 506 .
Le monete rinvenute nel ripostiglio dell'Acropoli devono essere datate a prima della distruzione da parte dei Persiani, 480 a.C., esse sono molto danneggiate probabilmente a causa dell'incendio.
Un obolo appartenente al gruppo Wappenmünzen, proviene da un ripostiglio rinvenuto sul confine tra Siria e Giordania nella regione di Hauran nel 1967.
Il tesoro conteneva anche gioielli e monete con il tipo della civetta di epoca più arcaica e monete traco-macedoni.
Kraay e Moorey pensano che la data in cui il tesoro sia stato occultato vada dal 450 al 425 a.C. così come il ripostiglio di Zagazig e quello proveniente dalla Siria.
Il tesoro di Benha invece è databile al 485 a.C. ed esso consiste soprattutto di monete di area traco-macedone e di una Wappenmünze.
Capitolo VII
Discussione
Attraverso l'osservazione delle monete raccolte in catalogo e la ricostruzione storica dell'epoca in cui le Wappenmünzen furono coniate, si cercherà di dimostrare, che la maggior parte delle teorie fin qui accennate sul perché della diversità dei tipi, sono assolutamente superate e facili da smentire.
A lungo si è dibattuto sul simbolo araldico, sulle nobili famiglie dell'oligarchia ateniese, ma come abbiamo visto, queste teorie sembrerebbero superate, lo stesso Vickersè convinto che una serie di dieci Wappenmünzen con il tipo della gorgone siano da associare alle nuove dieci tribù di Clistene, nello specifico egli individua circa 15 didracme con il tipo della gorgone sul diritto e una protome di pantera sul rovescio, attribuendo questi tipi a emblemi privati, per distinguerle da quelle prive di protome al rovescio, intese come monete "pubbliche".
A proposito di questo argomento invece, Kroll e Waggoner ritengono che il cambiamento di tipi con protomi al rovescio sia da attribuire al cambiamento di magistrati eponimi che venivano sostituiti di anno in anno.
Foraboschi prima e in seguito Giuman, hanno approfondito l'ipotesi che associa queste coniazioni alla nascita delle Trittie.
Nella riforma dello Stato ateniese operata da Clistene (508 a.C.), le Trittie sono le tre circoscrizioni territoriali di cui era costituita ogni tribù, scelte rispettivamente nella zona montana, di pianura e costiera.
Egli associa ogni tipo a una trittia, individuando dodici tipi principali per dodici tribù, tramite gli episemata sugli scudi oplitici, che, secondo lo studioso, erano utilizzati come segno di riconoscimento; mentre Seltman associa i vari tipi per appartenenza ad una famiglia, a causa di un'errata lettura di uno scolio della Lisistrata di Aristofane.
Uno studio attento sulla pittura vascolare a figure nere ci mostra spesso scene di guerrieri e opliti che brandiscono scudi con episemata, dall'iconografia del tutto simile ai tipi delle Wappenmünzen.
Infatti, ha preso piede tra gli studiosi l'ipotesi che questi "tipi" così vari siano da attribuire agli scudi oplitici della pittura vascolare a figure nere.
Le immagini ritratte sugli scudi in questi vasi sono dette episemata,, inteso come sostantivo che indica il supporto che presenta un sema.
La documentazione epigrafica, a tal proposito, non testimonia l'uso di to episemon per indicare una moneta, tuttavia abbiamo alcune testimonianze letterarie che però vanno interpretate singolarmente: infatti, to episemon riferito al tipo monetale, è sicuramente attestato in Plutarco, mentre è di controversa interpretazione in un frammento di Filocoro.
Vi è un epigramma che Diogene Laerzio ha attribuito a Simonide nel quale il termine episema indica il tipo monetale che si trova sulle duecento dracme di Paro, usate per pagare la statua di Artemide fatta da Arcesilao.
Questo è l'unica fonte in cui questo termine è riferito a un contesto monetale, infatti, i tipi monetali sono indicati con τύπος e χαρακτήρ, di cui l'ultimo utilizzato soprattutto con forte valenza politica, come si può evincere dal testo della Legge di Nicofonte, in cui χαρακτήρ si riferisce a tutto ciò che possa rendere riconoscibile l'autorità emittente e la serie monetale.
Per indicare il tipo, senza grandi implicazioni politiche o statali era usato χαρακτήρ che esprime in pieno l'idea di un qualcosa d'impresso su un supporto.
La parola τύπος invece esprime l'atto del battere, ossia il vero e proprio procedimento di coniazione.
Aristotele, parlando di Ippia, fa cenno a un suo intervento nella sostituzione della moneta corrente con una nuova coniazione, gli studiosi tendono ad attribuire questo aneddoto al passaggio dal didracma al tetradracma con il tipo della gorgone e secondo alcuni di essi queste monete rappresenterebbero la prima moneta pubblica e ufficiale di Atene.
Per coniare queste monete è stato utilizzato un metallo simile a quello delle "civette", non più l'argento della regione dello Strimone, come avvenne per le Wappenmünzen di datazione precedente: questo dovrebbe avvalorare l'ipotesi che tali monete siano state coniate sotto Ippia, che la produzione di didracmi iniziò all'incirca alla fine della tirannide di Pisistrato mentre la produzione di tetradracmi negli ultimi anni in cui ad Atene dominava Ippia.
Altri studiosi attribuiscono, invece, i tipi con protomi equine o comunque con cavalli, ai Pisistratidi, a causa del ricorrere della radice Ipp- nei nomi dei rappresentanti di tale ghenos.
Nella seconda metà del VII secolo ebbe luogo il primo tentativo di instaurazione di una tirannide ad Atene da parte del nobile Cilone: la prima notizia storica in merito a Cilone lo identifica come un membro della nobiltà ateniese (εὐγενής τε καὶ δυνατός) e vincitore olimpico nel dìaulos, in occasione della Olimpiade XXXV, nel 640 a.C.
Diverse fonti ci informano del fatto che Cilone fu genero del tiranno di Megara, Teagene.
Partiamo da questi dati storici per avere un quadro generale della situazione politica e sociale nell'Atene del periodo storico in cui sono datate le Wappenmünzen, ossia il periodo precedente alla tirannide di Pisistrato.
Inoltre non trascuriamo l'aspetto di grandissima importanza che i giochi, olimpici e non, ricoprivano nella società greca dell'epoca.
L'associazione fra l'attività agonistica panellenica e l'affermazione di
prestigio politico era un' usanza consolidata presso l'élite aristocratica greca e in grado maggiore nell'epoca arcaica.
Anche nella breve nota cronografica di Eusebio, i due eventi
della vittoria olimpica e della tirannide vengono menzionati insieme.
I Pisistratidi erano una famiglia ateniese aristocratica, appartenente agli Eupatridi e dotata di risorse economiche; Erodoto fornisce la loro ascendenza patrilineare legandoli ai re mitologici di Pilo e di Atene.
Le manovre che nel 561/601 permisero a Pisistrato di imporre la sua prima tirannide ad Atene (sei anni, nel periodo 561/60-555/4) rientrano esclusivamente nel contesto della politica locale: furono cioè espressione della contesa fra famiglie aristocratiche della polis.
Le fonti associano all'opera riformatrice di Solone anche una modifica dei pesi, delle misure e dei valori monetari; le informazioni sulla riforma ponderale soloniana sono assai poco chiare e vanno dunque trattate con grande cautela, nessun cambiamento di peso può essere documentato, la coniazione inizia con una dracma del peso di circa 4,3 gr., ossia Euboico-Attico.
Fonti storiche, quasi unanimamente, concordano sull'alleanza tra i Pisistratidi e i Filaidi, questa sembra essere stata l'unica famiglia ateniese con cui i Pisistratidi giunsero a sostenere un accordo duraturo, piuttosto esplicito, per l'appoggio reciproco e la condivisione del potere.
Durante la prima tirannide di Pisistrato, Miliziade condusse una missione coloniale nel Chersoneso Tracico, per garantire ad Atene una posizione nel controllo dell'Ellesponto; l'iniziativa fu poi continuata con l'approvazione e il sostegno dei tiranni ateniesi, di Pisistrato prima e dei figli poi.
Altre tracce di questa intesa familiare possono forse emergere dalla constatazione che l'importante celebrazione delle Grandi Panatenee sembra fosse stata re-istituita ad opera di Pisistrato, ma durante l'arcontato del filaide Ippoclide nel 566 e dunque con il consenso di quest'ultimo.
Dopo il primo esilio, di cui abbiamo pochissime informazioni, durante il secondo esilio le fonti concordano nell'attribuire a Pisistrato una spedizione nell'Egeo settentrionale, sulle coste della Tracia.
Colonizzò Rhaikelos e da qui si trasferì nella regione del Pangeo, dove divenne ricco (chrematìzo) e assoldò mercenari (misthòi stratiòtas).
Anche Erodoto conosceva questa attività in Tracia, sebbene identificasse le medesime località tramite toponimi diversi asserendo che i mercenari e le ingenti ricchezze (epìkouroi kai chrèmata) che assicuravano il potere di Pisistrato, una volta insediato, provenivano dal fiume Strimone, oltre che dall'Attica.
La critica ha raccolto e commentato un'ampia documentazione in merito alla ricchezza e all'importanza delle miniere della Tracia per le strategie dei Greci, tuttavia le fonti non parlano mai di una diretta estrazione di metalli da parte di Pisistrato o dei suoi.
Molte poleis erano state colonizzate in questa area da Calcide, Eretria, Corinto, l'insediamento Pisistratide costituisce la prima attestazione a Atene di un tentativo di inserire la Tracia nelle strategie di politica estera.
Tutto ciò conduce a una riflessione secondo la quale queste serie monetali abbiano un legame che collega i Pisistratidi prima della tirannide, l'area Traco-Macedone e la Grecia Orientale, i riti di Delo, i giochi panatenaici.
Osservando il catalogo non possiamo non notare che alla base della scelta dei tipi c'è sicuramente un ambito religioso da cui partire.
Nei primi anni del 2000 Silvia Mani Hunter riuscì ad ottenere le foto delle 89 monete provenienti dal ripostiglio di Asyut, alcune delle quali inedite.
Prima della sua morte, le monete in questione furono donate all'American Numismatic Society, così Van Alfen ha approfondito lo studio di due monete che crearono molte perplessità e per le quali gli studiosi hanno proposto varie interpretazioni.
Quella che ci interessa particolarmente è un tetradracma in argento, del peso di 12,78 grammi, che presenta al diritto una testa con diadema e sul rovescio una quadriga frontale leggermente incusa.
Un altro esemplare con i medesimi tipi ma meglio conservato proviene dall'area della Calcidica, Weber lo attribuisce a Olinto e Hill alla zecca euboica, invece Seltman al Chersoneso tracico.
Il tipo della quadriga frontale, così come quella del cavallo con fantino, sono stati associati alla celebrazione dei giochi olimpici, di conseguenza gli studiosi propongono di attribuire la testa sul rovescio della moneta al dio Apollo, anche perché da Olinto provengono numerosissime monete con il tipo del cavallo da corsa.
Tuttavia altri studiosi, tra cui Hill, avvicina questa moneta con il tipo della quadriga alle Wappenmünzen di Atene, esattamente a quelle con tipo Gorgoneion della fine del sesto secolo, soprattutto per lo stile dell'incuso al rovescio e per il peso euboico-attico.
Nell'iconografia il tema della quadriga è presente in ambiente apollineo: il frontone est del tempio di Delfi presenta raffigurata l'epifania di Apollo a Delfi, con sua sorella Artemide e la madre Leto; la quadriga del dio occupava il centro della scena, incorniciata da figure maschili e femminili.
E' ipotizzabile che gli alcmeonidi, che si occuparono della ricostruzione del tempio dopo che quello del VII secolo era stato distrutto da un incendio, abbiano influenzato lo stile e l'iconografia del tempio, ispirandosi alla quadriga proprio perché, da uno studio sulla ceramica a figure nere, si evince che la stragrande maggioranza di pitture vascolari rappresentanti la quadriga provengono dall'area di Atene.
Anche il frontone est dell'antico tempio di Atena sull'acropoli di Atene probabilmente presentava una quadriga frontale con Zeus o Atena sul carro, in una Gigantomachia.
In numismatica si nota la diffusione di monete ateniesi con i tipi della protome equina o di quarti di cavallo, cavallo rampante e cavallo con fantino, quadriga, per cui è facile notare che la città con la più ricca iconografia con cavalli e quadriga è Atene.
Tuttavia i problemi di attribuzione sono ancora irrisolti, poiché vi sono delle incongruenze tra la quadriga sulle pitture vascolari, che ha carattere militare e quella dei templi, che ha carattere religioso.
La scultura raffigura in maniera molto diffusa alcune delle varie iconografie che poi saranno utilizzate per i tipi monetali, sia per le Wappenmünzen, sia per monete delle Cicladi, dell'area traco-macedone, del Chersoneso e del Peloponneso.
Dagli scavi dell'acropoli di Atene provengono sculture che rappresentano civette, pantere, gorgoneia, quadrighe e carri da corsa con le medesime ruote che troviamo sui tipi monetali, civette e protomi equine.
Sempre dall'acropoli di Atene, i bronzi rinvenuti dai vari scavi presentano iconografie che si avvicinano molto ai tipi delle Wappenmünzen, così come ad altre coniazioni che non erano contraddistinte dal tipo fisso, come il cavallo, il melograno, il fiore, la tartaruga.
Tra i tipi più numerosi che ci sono pervenuti c'è quello della ruota, che Seltman suddivide in due gruppi: ruota di carro e ruota achemenide.
Le più antiche, secondo Seltman, furono coniate per celebrare la vittoria nella corsa dei carri a Olimpia, vinta nel 592 a.C. per la prima volta da un ateniese, proprio Alcmeone, le più recenti invece sono state attribuite a Megacle e al culto di Apollo Pizio e della ruota di carro, intesa anche come ruota solare.
Gli scavi archeologici di Delfi hanno portato alla luce una serie di bronzi votivi che raffigurano, tra l'altro, tori, bucrani, cavalli, scudi, per non parlare del famoso auriga e del toro in argento proveniente dalla via sacra, di fronte al tesoro degli ateniesi.
Anche la triskeles è attribuita ad Apollo, Cook, infatti, ritiene che essa sia una trasformazione zoomorfica della ruota solare.
Seltman collega questo tipo nuovamente agli Alcmeonidi, definiti da Aristofane Λευκόποδες, dai piedi bianchi o dai piedi nudi.
7.2 Conclusioni
Alla luce di quanto riportato nei capitoli precedenti, le varie ipotesi analizzate ci conducono a insistere particolarmente sull'importanza dell'aspetto agonistico nella società greca e quindi, ad associare le Wappenmünzen e i loro tipi alle feste religiose, ai relativi giochi, nello specifico le Panatenee, e all'iconografia di Atena e dei miti di fondazione della città.
I tipi sono riferibili al culto di Atena per quanto riguarda lo scudo oplitico, la gorgone, e il mito di Teseo con il toro e, ancora, alle Panatenee, con le anfore che avevano valore di premio per i primi classificati, i cavalli e i carri delle corse.
Anche seguendo questo filo, tuttavia, non mancano le eccezioni, ossia monete con tipi difficilmente collegabili ai giochi o all'iconografia sacra di Atene, tuttavia ricordiamo che lo scarabeo, il melograno e l'occhio, ad esempio, sono tipi ricorrenti nelle monete fenicio-puniche, giudaiche e, più in generale, dell'area orientale dell'Ellade.
In quest'area geografica sono coniate monete con tipi vari, taluni molto simili e vicini alle nostre monete, tanto da aver spesso tratto in inganno studiosi e collezionisti, non solo per la somiglianza dei tipi ma anche per il metallo utilizzato: la risposta a queste perplessità va cercata nel fatto che le Wappenmünzen sono la manifestazione dell'impatto che la Grecia Orientale ebbe su Atene, molto prima che questa divenisse la culla della democrazia.