La cappella sorrentina Una serie d’autore, basata sui personaggi, da guardare come si guarda un quadro di Luca Bandirali e Enrico Terrone
Era ipotizzabile che il muro fra cinema e serialità televisiva cadesse prima o poi anche sulla linea di confine con l’enclave del cinema d’autore - un Vaticano con il suo apparato internazionale di monsignori e cardinali. Meno ovvio che a far crollare l’ultimo baluardo dello snobismo cinefilo sarebbe stato Paolo Sorrentino, uno dei più titolati auteurs di cinema al quadrato, apprezzato nel mondo proprio per uno stile irriducibilmente formalista e poco narrativo, quando invece la serialità televisiva sembra offrire soprattutto grandi racconti. Eppure l’operazione The Young Pope nasce proprio da un’idea di Sorrentino, intenzionato, già durante la post-produzione de La grande bellezza, a misurarsi con un soggetto religioso da sviluppare a livello seriale. Da queste premesse, il produttore Lorenzo Mieli di Wildside ha messo in piedi una macchina da 40 milioni di euro per dieci episodi (ossia 4 milioni a puntata), con la partecipazione di Sky, HBO, Canal+, Haute et Court e MediaPro. È un budget al livello delle grandi produzioni seriali americane (anche House of Cards e True Detective, per capirci, costano circa 4 milioni di euro a puntata), quando in Italia la serie più importante realizzata finora, Gomorra, non supera la linea dei 16 milioni di euro a stagione. Presentata in anteprima a settembre 2016 (episodi 1 e 2) alla Mostra del Cinema di Venezia, The Young Pope è stata venduta in 130 Paesi (stesso risultato di Gomorra - La serie) e ha debuttato su Sky
In questa pagina e nelle seguenti The Young Pope di Paolo Sorrentino
con risultati importanti all’esordio (circa un milione di spettatori per puntata). Dal terzo episodio, tuttavia, gli ascolti si sono dimezzati, manifestando una tendenza negativa da cui la serie non si è più risollevata, nonostante uno sforzo imponente di rilanciare la chiusura di stagione sui maggiori quotidiani italiani1. Questo tipo di curva rivela molto semplicemente che l’abilissimo lancio di The Young Pope ha creato una grande curiosità anche in un pubblico che non segue abitualmente le serie Tv; dopo il primo blocco di episodi (Sky ne trasmette due alla settimana), metà degli spettatori hanno abbandonato la visione, il che nei termini del cinema corrisponde a una proiezione da incubo durante la quale metà spettatori lasciano la sala dopo venti minuti di film. Crediamo che le ragioni di
questa disaffezione non siano casuali ma strutturali, e ne considereremo alcune nel seguito, per quanto l’intento principale di queste note critiche su The Young Pope sia quello di analizzare i suoi esiti qualitativi, non quantitativi; proprio perché dalla rivoluzione HBO in poi “la natura del successo televisivo è profondamente cambiata” per fondarsi sul concetto di prestigio culturale invece che sugli ascolti (Gianluigi Rossini, Le serie TV, Il Mulino, 2016, p. 104), vale la pena passare in rassegna gli eventuali elementi costitutivi di tale prestigio. Una serie d’autore Il modello creativo e produttivo della serialità televisiva contemporanea si basa su un’evoluzione della figura dello sceneggiatore, che negli anni è stato in-
La serie Tv scritta e diretta dal cineasta italiano contemporaneo più apprezzato nel mondo ha trovato sostenitori e detrattori, in diversa misura, sia presso gli addetti ai lavori che presso gli spettatori. Proviamo a fare il punto sulle sue caratteristiche estetiche, sui punti di forza e di debolezza, e soprattutto sulla collocazione più opportuna di The Young Pope nel panorama attuale della serialità televisiva. Saggi e Interventi
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SEGNOCINEMA nr 203
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Report "Note critiche su The Young Pope - «Segnocinema» n. 203, gennaio-febbraio 2017 "