IMPARARE A IMPARAREdi Luciano Mariani* La “Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006” elenca, tra le competenze chiave per l’apprendimento permanente, l’”imparare a imparare”. Che cosa si intende con questa espressione? La Raccomandazione definisce imparare a imparare come “l’abilità di perseverare nell’apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo”. Si tratta dunque di un’abilità che consente alla persona di perseguire obiettivi di apprendimento auto-regolato, cioè basato su scelte e decisioni prese in modo consapevole ed autonomo, per apprendere, ma soprattutto per continuare ad apprendere, lungo tutto l’arco della vita e nella prospettiva di una conoscenza condivisa e di un apprendimento come processo socialmente connotato. Inoltre, come vedremo nei prossimi paragrafi, l’abilità di perseverare nell’apprendimento, lungi dal limitare il concetto ad una serie di capacità puramente tecniche e strumentali, apre la via alla considerazione dell’imparare a imparare come una competenza personale che si fonda anche su convinzioni e atteggiamenti adeguati. Perché “imparare a imparare” è diventato indispensabile nei nuovi scenari formativi? E’ ormai generalmente riconosciuto che l’acquisizione di conoscenze inerti, cioè statiche e non continuamente applicate nella gestione e soluzione di problemi, non è più funzionale a società ed economie in veloce trasformazione. La rapidità del cambiamento, e l’imprevedibilità delle direzioni in cui esso si orienta, richiedono profili formativi centrati sul dinamismo, sulla creatività e sulla flessibilità. Tutto ciò comporta una ridefinizione sia dei contenuti che dei modi dell’apprendimento: in altre parole, stanno cambiando sia il che cosa si è chiamati ad apprendere, sia il come si è chiamati a farlo. Da un lato, a conoscenze statiche si sono sostituite abilità di aggiornare, ristrutturare e ridefinire conoscenze in continua evoluzione. Dall’altro, da un apprendimento passivo, in cui le informazioni sono trasmesse in modo unidirezionale dall’insegnante, ci si sta muovendo verso modalità di apprendimento attive e intenzionali, in cui la conoscenza si costruisce nelle menti dei singoli e dei gruppi attraverso l’interazione continua tra il “già noto” e il “nuovo”. Si tratta di modalità collaborative, basate sul dialogo e la negoziazione continua dei significati; contestualizzate, perchè realizzano azioni e prodotti rilevanti nel mondo reale; e riflessive, cioè basate sulla continua valutazione critica sia dei prodotti che dei processi esperiti. E’ questo cambiamento di parametri che richiede e, nel contempo, consente, alla persona di sapere come si apprende. In che senso “imparare a imparare” può essere considerato come una competenza? La competenza è un concetto complesso, che rimanda, da una parte, all’interazione tra un sapere (le conoscenze), un saper fare (le abilità di applicazione delle conoscenze) e un saper essere (le convinzioni, gli atteggiamenti e le motivazioni sottostanti), e dall’altro lato, all’orchestrazione di questi fattori in un contesto determinato che richieda l’impostazione e/o la risoluzione di un problema. Imparare a imparare comporta in effetti sia l’acquisizione di conoscenze (su aree o domini (inter)disciplinari; sulle modalità stesse di imparare; e, non ultimo, su se stessi in quanto persone che imparano), sia lo sviluppo di abilità (cognitive, cioè di gestione ed elaborazione delle informazioni; metacognitive, cioè di pianificazione, monitoraggio ed autovalutazione dei propri risultati e degli stessi processi di apprendimento; e socioaffettive, cioè di gestione della sfera emotivo-relazionale), sia, infine, la maturazione di convinzioni, atteggiamenti e motivazioni adeguate, che facilitino e non ostacolino l’integrazione produttiva di conoscenze e abilità. Quest’ultimo aspetto, il “lato nascosto della competenza” non va sottovalutato perché costituisce il motore delle scelte e dei comportamenti personali, e la fonte ultima di quel “perseverare” con cui si apre la definizione data nella Raccomandazione europea. soprattutto per il delicato equilibrio che è sotteso allo sviluppo dell’autonomia del discente: persona che deve essere guidata a delineare il proprio personale e unico profilo di apprendimento. si chiariscono anche gli ambiti in cui la persona ha bisogno di agire per acquisire la competenza stessa. A chi insegna viene richiesto. come obiettivo trasversale di un curricolo. a sua volta. Questo costituisce. ma di occupare una posizione complessa in un processo al cui centro sta in ogni momento chi impara. in cui il lettore interagisce continuamente con il testo. le relazioni logiche (come tuttavia che segnala un contrasto. potremmo dire che l’acquisizione di conoscenze sulle caratteristiche del linguaggio scritto e sul processo stesso della comprensione costituisce un sapere rilevante e utile per un “buon lettore”: ad esempio. delle proprie convinzioni. la disponibilità (che è cognitiva. richiede. si apre per l’insegnante uno scenario di intervento in parte assolutamente nuovo. non solo di abbandonare il ruolo di trasmettitore unilaterale di conoscenze. come abbiamo appena visto. aiutino cioè le persone a far emergere. · infine espliciti. ma nel contempo affettiva) ad assumersi la responsabilità di fare e verificare ipotesi. diventando via via sempre più consapevole dei propri stili e strategie. facendo però anche concettualizzare le nuove esperienze attraverso la pratica del pensiero critico. per l’insegnante. è utile conoscere che esistono connettivi (o parole ed espressioni di collegamento). dei propri punti di forza e di criticità. poi una sequenza temporale …) e lo sviluppo testuale (come in primo luogo … a titolo di esempio … per concludere …). Si tratta di un cambiamento di prospettiva di non poco conto. ma anche per i sistemi formativi nel loro complesso. Se prendiamo ad esempio la lettura come comprensione. di tollerare l’ambiguità insita nel “non capire tutto subito”. e degli atteggiamenti altrettanto positivi: ad esempio. da parte del lettore. delle convinzioni adeguate sulla lettura come processo attivo. di correre rischi. Per il singolo insegnante. nel senso di correlare in modo sistematico il lavoro sul saper apprendere ai contenuti e ai processi (inter) disciplinari. . ma di accettare la sfida di essere facilitatore di percorsi individuali. come indicatori di discorso e di percorso. Quali approcci possono favorire l’”insegnare a imparare” in un curricolo formativo? La sempre più evidente eterogeneità dei gruppi-classe sembra scontrarsi con l’esigenza di facilitare percorsi individuali di formazione al saper apprendere. atteggiamenti e motivazioni. nel senso di procedere “per problemi e per progetti”. Si può “insegnare a imparare”? Quale può essere il ruolo dell’insegnante? Se imparare a imparare richiede a chi impara di agire contemporaneamente su più fronti. nel contempo. verbalizzare e socializzare le riflessioni sui prodotti ottenuti e sui processi messi in atto: l’itinerario di consapevolezza alla base dell’”imparare a imparare” si qualifica allora come percorso al contempo metacognitivo e socialmente condiviso. un’opportunità formativa importante: non si tratterà infatti di predisporre un itinerario di formazione rigido e uniforme. quindi una conseguenza. Ma l’utilizzo di strategie. un vincolo e. La conoscenza di questi meccanismi linguistici costituisce la base dell’abilità di saper utilizzare gli stessi nel vivo del processo di comprensione – la conoscenza si attiva dunque in strategie di gestione del testo. diventa indispensabile progettare approcci che siano · integrati.Come si impara a imparare? Se ci si concentra sull’”imparare a imparare” come competenza. che segnalano. · esperienziali. Il processo di imparare a imparare è così condizionato dalla gamma di differenze individuali di cui è portatore ogni singola persona.