Pierluigi PotalivoGiuliani e de Lhoyer: l’anatema dell’Echte Saggio dissennato e semiserio sopra i sei preludi a due facce Questo articolo è, da una parte, una ricostruzione scherzosa della nota querelle che ebbe luogo nel 1990 sulle pagine del Fronimo, sfociata poi nell’attribuzione dei Préludes op.83 di Mauro Giuliani ad Antoine de Lhoyer; dall’altra, una divagazione personale – fuori da ogni pretesa filologica e basata solo sull’ascolto e la pratica della musica – sopra i due compositori e gli ambienti culturali in cui hanno operato. Gli stessi ricercatori protagonisti della querelle, che è solo il pretesto per quella divagazione, hanno tra loro rapporti cordiali, e nel segno della cordialità, della leggerezza, unita comunque all’amore e alla devozione per gli artisti di cui si tratta, va considerato il presente scritto. Grazie a Eleonora Tiliacos e a Lilith Mazzocchi per la preziosa collaborazione GIULIANI E DE LHOYER: L’ANATEMA DELL’ECHTE by PIERLUIGI POTALIVO is licensed under a Creative Commons – Attribuzione Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported License. INDICE 1. I diritti d’autore diventano manrovesci pag. 4 2. Echte pag. 6 3. L’età dei campioni: Mauro e Fernando pag. 8 4. Mitteleuropa di un ‘italiano all’estero’ pag. 11 5. Due mondi e un soldato ‘sensibile’ pag. 13 6. Italia, Francia...o Germania? pag. 15 7. I Préludes visti dalla postazione degli Exercices pag. 18 8. Pro Iuliano reo pag. 27 9. Humanitas pag. 31 10. Gloria di Mauro (senza preludi) pag. 33 11. Antoine, amateur esiliato pag. 37 12. Un cenacolo spirituale pag. 39 13. Un francese in (P)russia pag. 41 14. Dioniso e il recitativo anarcoide pag. 42 15. The very end: tarallucci pugliesi e vino d’Alvernia pag. 44 16. Coda pag. 45 pag. 47 Nota bibliografica 1. I diritti d’autore diventano manrovesci Nessuno si stupisce nel leggere, tra le note dei compositori che ancora ignoravano il copyright, autocitazioni o piccoli (grandi) prestiti dall’altrui ingegno. Ciò è evidente in special modo all’inizio del XIX secolo, quando nasce la musica come mercato e, in particolar modo, l’arte della variazione trasforma ogni autore in un fertile rielaboratore di temi d’opera da alta classifica; un esercizio di stile very cool nelle corti o nei saloni delle residenze aristocratiche e una risposta alle continue richieste di editori, allievi e dilettanti. La variazione (come la fantasia e il pot-pourri) è un bel gioco di prestigio, un trasformismo che solo con la voce o in musica si dà in tempo reale, cioè senza bisogno di un telo per cambiarsi ‘alla Brachetti’. Ma a differenza della sonata la variazione, prima di farsi forma musicale, è un moto naturale dell’agire che assume poi una precisa incarnazione formale, annoverando i suoi capolavori. Il destino della variazione dunque non è quello di tante altre forme di cui si può seguire la metamorfosi nei secoli, spesso coincidente con una graduale nobilitazione. Le danze ne sono un esempio: si pensi alla sarabanda, ‘purificata’ come un diamante (fino alle suites di Bach) dalla bolla di lascivia che ebbe in tempi di Controriforma, quando venne importata in Spagna dalle colonie caraibiche. Diversa fu appunto la vicenda della variazione, sebbene da un certo momento in poi cominci la sua storia come forma, dai primi cimenti liutistici ai clavicembalisti inglesi, fino alle creazioni mirabili delle varie Goldberg, Diabelli, Brahms/Paganini etc. Venendo a Giuliani, ecco che la presenza di sei preludi di attribuzione incerta in un’opera imponente di 151 numeri crea, in era di copyright, un piccolo caso con i relativi fendenti tra studiosi. Per essere chiari, scrissi già le mie opinioni sulla difficoltà di rivendicare autentica originalità nella creazione, ma solo a patto di elevare il quid della questione a un piano spirituale: al cospetto cioè del mondo delle intuizioni. Scendendo - e di molto - in ambito SIAE, è certo legittimo sferrare lo schiaffone sulla mano lesta di chi si appropria delle fatiche altrui, tanto quanto si sanziona il furto di uno scooter. Solamente, mentre credo sia ovvio pensare all’unanimità «non puoi rubare in casa altrui», non riesco a prendere totalmente sul serio la protezione del bene immateriale, la cui assolutezza appare – con un piede nel codice civile e con l’altro nella sfera delle intuizioni creative, con i suoi debiti – meno universale. A meno che, allo stesso modo in cui si comprano le ‘applicazioni’ dei cellulari - che con vera gioia acquistiamo dalle multinazionali della tecnologia, perfino l’app chiamata iMortacci, contenente tutte le parolacce nei vari dialetti - non si paghino i diritti retroattivi di ogni foto del celebre telescopio Hubbles agli eredi Galilei, o quelli di ogni composizione dodecafonica agli eredi Schömberg. Ebbene sì, il software è indubitabilmente di Arnold. 4 che opta per un’operazione editoriale concertata dai due connazionali. di fronte all’onesto scopo di mette inzieme er pranzo co’ la cena – vecchio sogno. rilevamenti. uno sconosciuto ‘originale X’ come sorgente di due distinti arrangiamenti promossi dai perspicaci editori. in una comunità che non conosce ‘diritti’ se non quelli delle libere fratellanze. consentono di privatizzare molecole e bacilli. questo. Sullo sfondo due abili editori austriaci. Pleyel. e due insigni artisti: da un lato un virtuoso della corte di Vienna. il maestro di chitarra dell’Imperatrice Maria Luisa e Cavaliere del Giglio.Per cui.83 (1817) sono figliastri dei precedenti Six Excercices op. e Weigl a Vienna. In primo piano le capitali d’Europa. Un asse austriaco. congetture. degli artisti di sempre – non invocherei le teologie della Sacra Autorialità. che strizza l’occhio all’ipotesi – non priva di fascino – del professor Heck. che operava a Parigi. avendo terrore delle ontologie. Preferirei però. Don Mauro Giuliani. peraltro.27 del francese (1812 circa)? La squadra scientifica degli storici è già sul campo da un pezzo. ma lascerei agli autori ed editori la loro voglia di societas. la questione è: Mauro Giuliani plagia Antoine de Lhoyer? I suoi Six Préludes op. impegnata in misurazioni.e da un pezzo . l’italiano di successo. 5 . È la teoria del terzo testo. Si potrà sempre dire «il motorino è mio e lo affitto a chi mi pare». dove ogni creatore vive a contatto con gli spiriti a lui affini. a forza di blindare ogni singolo frutto dell’inventiva al grido di «questo l’ho fatto io!». Antoine de Lhoyer. dall’altro. un conversare che oltre a dar conto di fatti acclarati sia anche e soprattutto di tipo immaginativo/emotivo. ma così parlando siamo già fuori . l’ardimentoso musico-luogotenente e bodyguard del re Luigi XVI. ipotesi. A ben guardare la vicenda è infatti degna di una fiction da salotto culturale. Cavaliere dell’Ordre de Saint-Louis. allo Stato la sua vocazione di fare il banco creando la SIAE e agli azzeccagarbugli quel corpus di norme che ormai. Insomma.da quell’ambito magico che è l’arte. Vienna e Parigi. con lui mazziere del ‘mercante in fiera’. Il Riboni gioca giustamente in difesa. un enorme riesame dell’opera dello sventurato pugliese. Dopodiché tracimava teatralmente e. PRRRF! » A una tale entrée dell’Ophee. che sono però evidentemente rari totem. Echte La tesi dello studioso si pone nel giusto centro rispetto alla piccola querelle voluta.il divino Giuliani ?. In un articolo di vent’anni fa. apparentemente di precedente pubblicazione. il nostro Thomas Heck. per quanto si sospetti un plagiat. compiuta a freddo e sulle colonne di una rivista italica. cioè di tutte quelle cose che si dicono per avere un bell’occhio di bue..«Ebbene. = autentico). pertanto. fu vera gloria» Op..3: OMISSIS . Un attacco comunque sferrato con un buon fucile. con olimpico sussiego. come dovuto complemento. a declamare: Op. non tardarono le repliche. Ophee scriveva. sull’intero corpus giulianiano avrebbe dovuto stendersi il sospetto infamante del plagiat. non è però chiaramente dimostrabile un 6 . sulla base dei suoi ritrovamenti. Marco Riboni.2. Secondo questo pronunciamento. Attribuendoli – non senza fondatezza – al quasi sconosciuto de Lhoyer. che l’opera completa avrebbe dovuto subire lo smacco di un notarile riesame. L’arma migliore di Ophee è lo scoop in sé. ribatteva a suon di calcolatrice e numeri di lastre a stampa dell’epoca.«Ci stiamo lavorando.dice lui . colpisco . etc. Ecco dunque l’orribile quadro prospettato dall’Ophee. e una tuttavia assai interessante biografia dell’ ‘uomo’ de Lhoyer. Dallo sforzo di Ophee nasce dunque un anatema frettoloso e freddo come il gesto di un tiratore al piattello. a seguito delle sue indagini. di ‘frodi vergognose’. ben ricostruita in base ai documenti militari che lo riguardano.romanesco = sparo random. da un ricercatore di razza quale egli è. si abbatteva sull’autenticità dei preludi (e non solo) di Giuliani col piglio di un piccolo Savonarola. che distinguesse le prove del Giuliani plagiatore dal quelle dell’autentico (Echte) Giuliani. fresco di ricerche e soggiorni francesi.«Ei copiò!» Op. e chi colpisco. La difesa di Riboni è quella di chi conosce bene il suo mestiere: egli sostiene che. pronunciava il suo pernacchio: l’anatema dell’Echte (ted.1: ECHTE . il biografo italiano di Giuliani.2: PLAGIAT! . e cioè tramite un testo ritrovato. identico ai preludi in questione.«E quindi .» . il noto e simpatico ricercatore-critico-collezionista in bretelle e Cohiba. a questo proposito si potrebbe portare ad esempio la sagacia dei Buscaroli o dei Carandini. sebbene la musica dei due campioni sia obiettivamente la stessa. di ristabilimento della verità etc. Immaginiamo. a dire il vero un po’ acidulo.del critico col sigaro.. di fronte all’assalto alla‘ndo cojo cojo . da Matanya Ophee. Non vi è ahimé traccia nel suo articolo di quelle considerazioni artistico-musicali che ci si aspetterebbero. termina la difesa italica con incursioni di fioretto. spesso per evitare grane. di fatto contro– spernacchiato a botte di parentesi e incisi. criticando anche lui non la sostanza ma l’impianto scandalistico dell’articolo di Ophee. 7 . Non intende egli disarmare l’Ophee a priori. c’è pur sempre la maniera di un artista a fare da guida. Fatalmente. Sarà pur sempre non già l’etichetta. è acclarato che i numeri usati da Pleyel (il quale fa grandi e deliberati casini con le sue lastre di stampa. Inoltre. L’orchestratore secondo lui è l’editore Weigl. La netta diversità di questa singola opera rispetto alle sue altre salta subito agli occhi. e di fatto il carattere della musica potrebbe suffragare la tesi). da offrire ai mercati musicali di due diverse nazioni. insomma. parecchio dottorale. insiste Heck. ora che conosciamo piuttosto bene anche la sua musica. sarebbe negare il suo chiaro ‘colpo’ storico. dall’inattesa humanitas: e se proprio li voi. Chiuderà la sua replica. Ma per attribuire la paternità di un lavoro. E snocciola i suddetti numeri di lastra. possa portare fuori strada – ciò che anche Heck avrebbe dimostrato più tardi. Il biografo inoltre dubita che gli anni di pubblicazione dei lavori siano credibili. ma il palato dell’esperto assaggiatore a dire l’ultima parola sull’origine e sulla bontà di un vino. la somma algebrica Riboni–Gilardino riconduce alla tesi del terzo testo. a riprova di come avvicinare (come accade d’istinto) la data di pubblicazione a quella della composizione di un’opera. invita a non escludere dalla discussione il lato musicale. vieppiù nel mondo editoriale di quel tempo. tietteli pure ‘sti preludi. Due illustri rielaboratori. di copyright) vanno spesso riferiti a opere più tarde. per un’inedita raccolta di studi («per violino?» si chiede Heck. e chiosato come amateur con l’hobby della ricerca. ‘dello stile’. dopo il grosso della trincea filologica riboniana. e questo permette di avvicinare cronologicamente gli Exercices ai Préludes. appunto.plagio da parte di Giuliani. certo. Da musicista. ma ne smorza la carica offensiva. La fortuna di de Lhoyer non ha finora avuto paragone con quella di Giuliani. infine. ma possiamo dire lo stesso per de Lhoyer. appunto. con un’impennata da patriota. E ciò ci riporta direttamente all’ipotesi di Heck. ottenuto il roboante Ophee d’aver lanciato il suo squillo di tromba. che manco so’ granché… Il compositore Gilardino. è indubbio che lo stile dei Préludes si discosta piuttosto chiaramente da quello ben noto del pugliese. che agisce alle spalle di Mauro. A Vienna naturalmente v’erano chitarristi anche prima dell’arrivo di Giuliani. Il primo tempo di questa sonata .15. sono le sonate giovanili op. un lungo arpeggio il cui piglio creativo si smorza gradualmente. che contengono già tutte le caratteristiche proprie del suo stile. Aguado. ma in generale la Sonata op. Ed è anche e soprattutto la generazione dei campioni: Mauro Giuliani e Fernando Sor. Paganini. ma ancora nel segno stilistico derivante da Cimarosa – questo modello di sonata italiana. costruiti 8 . bellissima osmosi tra stile viennese e napoletano.detta nel frontespizio originale (davvero appropriatamente) brillante . cioè allo strumento del nonno. estremamente più mature e indicative di talento. provetto violinista e autore di brani per chitarra garbati. il già citato Molitor. accennato e crepuscolare.è un allegro di gusto tipicamente mozartiano. Molino (anch’egli violinista).15 di Sor. Matiegka. ai quali si deve la conquista della sonata solistica. nel complesso piacevole e. maggiormente per formazioni da camera. ma anche le prime per chitarra sola. nel caso di Gragnani. Proprio a cavallo tra ‘700 e ‘800 si registra un impulso alla produzione di metodi per chitarra e di sonate. Si tratta di singoli allegri. Anche l’incipit dell’adagio è di pura scuola classica. La nuova chitarra a sei corde gradualmente soppiantava quella a cinque di de Lhoyer. Il primo brillante esempio è la Sonata op. L’età dei campioni: Mauro e Fernando È forse poco detto che la musica. in particolare tra Madrid. raffinato. La sezione meno ispirata della composizione è nel complesso il rondò. che permette il loro sicuro inserimento tra questi migliori.3. tra i quali il buon Molitor. più semplice formalmente. In quegli anni il partenopeo Carulli concepiva le sue prove con gusto mozartiano.15 deve essere apparsa come out of the blue a un pubblico che soltanto ora definitivamente smetteva di associare le corde pizzicate al liuto (o a qualche derivato). di Giuliani – un perfetto prodotto della scuola napoletana – non passa dal regno borbonico a quello asburgico senza conseguenze. Certamente più raffinate. Basti pensare alla generazione dei pionieri come Moretti. con una sezione centrale che preferisce la comparsa di temi nuovi allo sviluppo vero e proprio. La generazione seguente (1775-80 ca. La chitarra solista infatti non possedeva ancora a pieno titolo la forma– sonata. in coda un ritorno. italianissima. che già scrivevano sullo strumento nel solco di un classicismo semplice ma compiuto. influenzava anche le prove dei ‘pionieri’. e appena dopo Carcassi. ma la vena italica non resiste e si concede un breve duetto d’opera tenore/soprano nella seconda parte. Gragnani. Tutti quegli autori scrivevano sonate. e ora il terreno tecnico-stilistico era pronto per l’affacciarsi dei veri virtuosi. del tema dell’allegro chiude questo movimento con un ‘affetto’ da idillio pastorale. Parigi e Vienna.) è quella dei ‘maggiori’ – Carulli. soprattutto nuovi .14 e op. è degli ultimi anni la riscoperta di de Lhoyer e da Fossa. e quella dove Sor riesce con successo a ottenere un ‘intero’ piuttosto omogeneo. ma appare chiaro che il solo Giuliani. Egli – più ‘pianistico’. La Grande Sonata op. ricca di pathos ma mastodontica. Questa sonata è l’unica in quattro movimenti tra quelle scritte per chitarra sola dai virtuosi del primo Ottocento. per di più. ostinatamente ritornellati – che lo spagnolo maneggia senz’altro con bravura. che Sor conosceva bene essendo anch’egli compositore operistico. di tipo idiomatico – in particolare alcuni arpeggi. che obbliga a un senso della proporzione più agile . e dello stesso livello sono le variazioni. Non a caso Sor dà il meglio in singoli allegri di sonata (op. L’allegro. è capace di quella levità che giunge al cuore dello stile viennese.sul modello delle ouvertures italiane d’opera. benché non libero da quei pesanti refrain. Poiché l’allegro è davvero bello. dai toni patetici. e ad evitare le trappole e le asperità in cui cade Sor nel suo accanito sforzo di ampliare la sostanza armonica delle sei corde. Difatti questa sarebbe la giusta riduzione esecutiva e una modalità per uscire dalla palude del finale mancante – in attesa che qualcuno accorci l’introduzione. dove evita le costrizioni architettoniche di quella forma. con la sua eccezionale vena ‘facile’. negli studi e nelle fantasie. ma il pezzo forte è il rondò. e probabilmente più precoce di Giuliani nello scrivere sonate – tuttavia non ‘conquista’ davvero questa forma rispetto all’italiano. dai toni beethoveniani. col suo tema gagliardo e finalmente libero da zavorre armoniche autoinferte. cioè con un minuetto – stavolta un po’ rétro rispetto al tono crepuscolare dei precedenti movimenti – e senza un vero finale. accostato a un grazioso minuetto haydniano. Per intuire all’istan9 .22 è probabilmente quella meglio riuscita. per le dimensioni eccessive della sua introduzione. Tecnicamente dunque le prove di Sor mostrano l’ottimo ventaglio di carte a sua disposizione. L’impressione è che l’inclinazione di Sor per la dilatazione della fantasia si sia impossessata dell’introduzione. La sua op. Di ottima fattura sono l’adagio. ma che tolgono slancio all’impianto generale. complesso armonicamente.14 e op.e appunto più consono al carattere di Giuliani.15 è ricca d’invenzione.25. tolga il minuetto e aggiunga un finale…ma meglio di no: già vedo qualche ombra afferrare aglio e crocifissi.25) e soprattutto nelle variazioni. Solamente la sua irresistibile tendenza ‘orizzontale’ alla melodia poteva mantenere quella leggerezza necessaria a sostenere sulla chitarra una grande forma. Caratterista che manca alla Seconda Grande Sonata op. trasformandola in ‘fantasia e allegro’. equilibrato. termina ‘tronco’. Il lavoro. ed ecco il minuetto che ‘taglia la testa al toro’ – e al lavoro che poteva essere la gloria chitarristica della sua forma. è più sciolto e musicalmente maturo. dall’invenzione più fresca e meno preoccupata del numero delle parti (che muove comunque alla perfezione). offesa a morte dal commesso sopruso sulle ‘intenzioni’. nella pretesa di conoscerle solo perché stampate! Sembra che solo dopo il ‘tema con variazioni’ centrale l’autore si sia voltato a contemplare la lunga strada percorsa. se non fosse per certe formule un po’ ripetitive. in Giuliani ne accelera l’azione propulsiva. trattenuta come da un peso. dove il Sor meditativo e vespertino delle fantasie per chitarra torna il giovane operista di Barcellona. scorre il tema di fuga.. balletti dai titoli neoclassici. Giungeranno entrambi alla maturità intorno al 1820. scritto nel 1826. come nell’ouverture del balletto Hercule et Omphale. e poi a Londra. appunto: dov’è il concerto per chitarra. Tuttavia.e scritti per altri mezzi espressivi . A un largo iniziale dal tono epico segue il classico attacco veloce. orfana di quella fase propedeutica al classicismo che la tastiera ha vissuto appieno – durante la quale si celebravano ancora i funerali del liuto e Gennaro Fabricatore non costruiva ancora la chitarra detta ‘dell’Ottocento’. affrontata dai primi romantici non senza dubbi circa la sua possibilità di offrire ancora soluzioni nuove (vedi il parere che ne dà Schumann). un concerto per violino e uno per chitarra – perduto. tenendoselo nascosto? Lo spagnolo conduce la sua carriera da Barcellona a Parigi. ma si vedrà che la sua scrittura orchestrale è tutt’altra. e poi sinfonie. Un musico provetto.te il divario è sufficiente confrontare l’uso che Mauro fa degli arpeggi veloci nella Grande Ouverture op. maestro Macari Sor…? 10 . grazia e semplicità: le doti italiane par excellence – perdone. con quello della Grande Sonata op.61. e dalla scrittura felice e sprizzante : un classicismo.come già detto e almeno sulle sei corde . l’allegro in forma-sonata che segue l’op.i maggiori capolavori dell’epoca classica. Solo di recente si eseguono le musiche dei balletti. San Pietroburgo e ancora Parigi. è una delizia di bellezza.per i toni più onirici della fantasia. ora maturo e dominato con gusto e carattere. il suo. che prima della ripresa prorompe in un movimento di ottave davvero poderoso: è il vortice generato dal virtuoso purosangue. señor Maestro… Ma la chitarra. Inoltre quel tema in Mi maggiore. ma sotto. cioè in un clima di stagnazione creativa della sonata. infatuato di Cimarosa. un singolo allegro. o il Malachia del monastero di Monserrat. quartetti. agli archi. Anche la Sonata Eroica (pubblicata postuma solo nel 1840 e scritta nella maniera italiana. Nei loro anni giovanili pertanto Sor e Giuliani trovano realizzati . va detto che possedeva un vero talentaccio (oltre a quello indiscutibile per le sei corde). C’è di che essere soddisfatti. che si concede persino citazioni consapevolmente colte.. in contrappunto. che introduce scale e coda dell’esposizione. nel complesso. E il Nostro presenta il primo tema nientedimeno che come esposizione di fuga a quattro voci. essendo egli compositore provetto e a tutto tondo. A 19 anni scrive la prima delle sue tre opere. giovanile eremo di studio di Sor. che ce lo nega. che solo oggi si rivela nella sua luminosità.! Chi sarà mai il lord inglese. Mentre nelle volate di Sor l’arpeggio ritarda lo svolgimento e l’elasticità della melodia. cui segue un tutti che ripete trionfante la melodia. giunge alla sonata ‘fuori tempo massimo’. per non chiudere in tono minore sulle grandi doti di Fernando Macari Sor.15 dello spagnolo.15. maggiormente portato . poi una transizione elaborata porta al secondo tema dei fiati. come le prime di Sor) mostra comunque la superiore e innata scioltezza del pugliese rispetto all’altro. 4. Concerti che recavano guadagni tali da tentare più tardi un maturo Beethoven ad accettare la commissione (infine rifiutata) di un ‘allegro di bravura’. inventore – insieme ai suoi amici Hummel e Mayseder – della jam session in versione da camera. con la sua esposizione mozartiana e quello sviluppo di sapore ‘napoletano’. fino ai magnifici. Oggi è facile dare per scontati un linguaggio e un’estetica del passato. Llandler.89 (testi di Goethe. Il gusto dell’invenzione e il carattere latino. tra le mosse e i lazzi delle maschere teatrali e operistiche. unitamente a un blasone indiscutibile. dopo le glorie pionieristiche del Sei e Settecento il classicismo non era un prodotto ‘di nostra marca’. rispetto a quello più sfavillante e pomposo delle Rossiniane o dei concerti per chitarra e orchestra. che dà la misura dell’intelligenza. bensì la prerogativa di una cultura che stava prendendo le redini del continente. Possiamo per questo immaginare l’effetto. scelta perfetta.30. Un culmine del Giuliani mitteleuropeo (certo sporadico rispetto all’instancabile variatore di temi d’opera italiani) o se vogliamo del chitarrista–fenomeno. da parte loro. I quali. della sicurezza e bravura del musicista. ma a denti stretti e senza volerne riconoscere giovamenti.15 ne è già un primo perfetto esempio: un’esposizione ineccepibile di scuola asburgica che in coda trasporta di colpo – con un vigoroso sgranato – nel Sud Italia. facevano comunque dell’italianità un elemento ancora desiderato e immancabile. coi suoi riccioli bruni. delle opere ‘austriache’ del pugliese e in generale di molti italiani disseminati nelle varie corti: il recare quel sentire nazionale che ancora sapeva imporsi al classicismo come linguaggio comune europeo. poiché non si fermò a una sonata da camera: volle infatti l’orchestra. che dà lezioni a tutti. umbratili Sechs Lieder op. Col bel canto gli italiani giravano l’Europa musicale da un pezzo. certo esotico dovette apparire. canti nazionali arrangiati. Ma è una costante. E a Vienna un nativo di Bisceglie. e poco dopo presentò il suo Concerto op. lo stesso sviluppo dell’allegro op. A Vienna c’è da tempo Salieri. 11 . sembrano double-face nell’alternanza tra stile viennese e italiano. questa. Quel Giuliani è spesso negletto. Von Matthisson e altri poeti tedeschi).15 seguirà. mentre dovendo comporre per la voce sentì di doversi affidare a un italiano). davvero tutti i talenti che risiedono o transitano per la capitale asburgica (comprese quelle celebri a un Beethoven che ne ebbe anche come noto da Haydn. nella produzione di Giuliani. che la sonata ebbe sul pubblico viennese. quel Dukaten–Concerte che fu la delizia dell’alta borghesia cittadina. col rischio di livellare differenze che pure dovevano contare. oltre che valente e assai ambizioso. che un pubblico nordico doveva sentire sia autorevole che esotico (vedi la moda del Grand Tour). la grande sala. Mitteleuropa di un ‘italiano all’estero’ Dopo la Sonata op. e non solo in patria. una serie di Walzer. della modernità (per il repertorio della chitarra). Giuliani affida a quella sonata il suo esordio concertistico viennese. la scelta dei testi e il carattere della melodia recano nei suoi Sechs Lieder il tratto distintivo della temperie preromantica.in un’illustrissima edizione.. tratto dalle Sei Ariette op. 12 . col belcantistico Fra tutte le pene. Viotti e Cherubini – che hanno contribuito con creatività al classicismo europeo.. che gradualmente torna nell’alveo puramente classico. Sebbene l’uso che fa Mauro della forma non si distacchi molto dallo stile di Mozart.. «Mannaggia a questi italiani!» – dirà più tardi il Titano dell’Eroica – «Rossini! A Vienna vogliono solo Rossini!. I Sechs Lieder proiettano questo chitarrista di talento nella cerchia dei connazionali illustri – come Boccherini. Suvvia..). Beethoven. Ecco il secondo movimento. incipit accorato dell’orchestra. bellissimo incipit di rigorosa marca haydniana segue un tutti che sembra anch’esso irrompere da un concerto di Paganini. Ma per quel suo primo concerto con l’orchestra Giuliani vuole catturare e commuovere. se si è disposti a smussare un po’ il cliché del Giuliani rutilante ‘italiano all’estero’. Lo stesso accadrà nell’introduzione del meno eseguito Terzo Concerto op.89 figura . Giuliani ascolta i Lieder di Mozart. in versione sublime. Si consiglia l’ascolto del meraviglioso Lied aus der ferne (e il confronto musica/testo. direbbe Heck (col Giuliani arrangiatore complice. dello Spaghettifresser. dove a un luminoso.95). Era il prologo. per far spazio a una gemma dal gusto squisitamente austriaco.70. assieme a Beethoven. Salieri. e due anni prima dell’uscita dei suoi nell’op. Grossheim. Sphor. un andantino ‘alla siciliana’. Tornando al canto. Una terza sezione dà spazio poi a un violino spiritoso. Tuttavia. cadenza con ‘sesta napoletana’ e attacco addolorato della chitarra – irresistibile e strappalacrime. per esempio. è un italiano a scrivere. Hummel e Moscheles .L’introduzione del concerto è un’altra perfetta prova di mix-up: attacco viennese ineccepibile e ‘quadro paganiniano’ nel secondo tema.».. Zelter. Weigl ci cova. nemmeno quest’opera crea un ponte che riduca la distanza organica con lo stile dei sei Préludes.come uno degli arrangiatori di sei Lieder di Ludwig Reissig. Ma è evidente come il Concerto sia stato pensato nel ‘primo stile’ descritto prima. Tuttavia sino alle ultime opere questo originale miscuglio di classicismo mitteleuropeo e di freschezza e vivacità squisitamente personali (tratto fondamentale della personalità di de Lhoyer. Analogamente a quanto accade a Giuliani. e insieme retaggio della natìa Francia e del secolo appena trascorso) rappresenta senza dubbio la sua cifra stilistica. Due mondi e un soldato ‘sensibile’ Anche uno sguardo alla musica di de Lhoyer (comunque accettato oggi. De Lhoyer proveniva da una famiglia agiata e borghese dell’Alvernia. La pubblicazione ad Amburgo del Concerto non deve trarre in inganno. della Francia pre–rivoluzionaria.3. che sembra guardare però più a Boccherini che ai ‘viennesi’.83) sembra sulle prime negare al francese la paternità degli Exercices.5. ed era di 14 anni più anziano rispetto a Giuliani. viaggiò più dell’italiano. del Concerto cederanno il passo a un sentire più descrittivo e crepuscolare.potrebbe stupire molto. musicale a San Pietroburgo). Per spiegarselo occorre. in virtù della doppia carriera (militare in Francia e dopo la rivoluzione in Centro Europa. come per gli Excercices. Ma alla gradevolezza del linguaggio si unisce lo slancio e la vivezza della personalità di de Lhoyer. 13 . da più parti e a dispetto del professor Heck. risiedette in tarda età anche in Corsica e forse in Algeria. La freschezza del suo primo classicismo di discendenza Rococò si conformerà . Il brio e lo spirito tutto haydniano. senza però perdere (com’è evidente in tutti i lavori) i tratti peculiari della sua indole artistica. nella Francia centrale. come il vero autore dei Préludes op.in Russia e dopo la parentesi di Amburgo . i lunghi soggiorni lontano dal proprio paese – insieme alla graduale virata post-rivoluzionaria dello stile classico verso il Romanticismo – imprimono segni profondi nella ‘maniera’ di de Lhoyer. Altra cosa è leggere questi studi alla luce del suo temperamento e soprattutto della biografia.due picchi della sua produzione .al classicismo mitteleuropeo imperante. che Antoine adopera comunque anche ad Amburgo. ripercorrere la vicenda umana. In generale.31 n. giova ricordarlo. l’eco del milieu aristocratico del ‘vecchio mondo’. Avvicinare però il Concerto all’op. si imprime come un sigillo nell’animo del talentuoso (e. come mostrano ad esempio le stesse ottime cadenze del Concerto e l’eccellente rondò del Duo concertante op.16. poiché si tratta certamente di un’opera composta in precedenza in Francia (o durante le pause delle campagne militari) per la vecchia chitarra a cinque corde. il bel Concerto per chitarra e archi op. dai toni originali e picareschi. La sua opera giovanile più ampia. ancora settecenteschi. politicamente monarchico) luogotenente. così specifico della chitarra preromantica. è un vivace esempio di garbato classicismo.31 . poiché sembrano appartenere a musicisti diversi. come già detto a proposito di tutta l’op. e mostra una padronanza eccellente della scrittura concertante. Quando si giunge al secondo tema compare una di quelle piccole perle disseminate qua e là nella letteratura della chitarra (e che in questo caso dà il segno del valore di de Lhoyer). ma in minore – reminiscenze di ritornelli cantilenati ‘alla russa’. è l’allegro dal Duo concertante n. 14 . Pleyel ci cova.? Si tratta di dieci minuti di musica che ben varrebbero il prezzo del biglietto. scritta per un antesignano quartetto di chitarre (!).)..L’introduzione dell’Air varié et dialogué (1815). Tanto quanto di pregevole fattura.31. Il primo tema è piacevole. infatti. cioè la seconda parte dell’aria. direbbe Heck (insieme al colonnello. è esemplificativa di una sensibilità che alterna stati d’animo assai contrastanti in spazi brevissimi. che sembra voler coprire tutti i punti cardinali delle quinte. e dalla consueta ottima scrittura a due parti. dal gusto Sturm und Drang nella vertigine enigmatica e labirintica.27 – che pure portano il suo nome – la maniera del colonnello musico si rivela compito più arduo del previsto. eguaglia quell’esuberanza didattica di modulazioni.. Ciononostante. Mr Ophee!!! Complimentacci. che fa pensare. e che appartiene nella più palese luminosità a un vocabolario emotivo particolare. già rivelata nella strumentazione del Concerto.. Monsieur de Lhoyer. in perfetto ‘stile Giuliani’. Nemmeno lo stile più moderno della sua maturità... Dalla seconda variazione in poi. arrivare a riconoscere negli Exercices op. È PLAG..1. ognuna delle seguenti si chiude con un insistente refrain. una lieve progressione discendente di fioriture. ammirati: «Ma…non è questo è il sesto quartetto di Cherubini?»… NO. E basta. e che fa pensare. ma il solo primo preludio in Re maggiore (n. è solo uno dei motivi che allontana da subito l’attribuzione di questi studi al nostro Giuliani. Rarità stilistiche o esperimenti occasionali sono rintracciabili. ma la modalità con cui la dominante. è vero. Nelle battute 10-15 si distende un pedale che infonde un suono pieno.6. Francia…o Germania? La dinamicità. mi riferisco agli impulsi emotivi. si schiude abbassando la sensibile Sol diesis in uno sgranato di La contenente settima e quarta. Italia. Le battute 4-5 contengono una comune cadenza. appartiene al primo Romanticismo. il quale prorompe trionfante dopo una cadenza sulla tonica per modulare poi al V grado (Mi): un uso così diverso da quello che solitamente fa Giuliani del pedale. e soprattutto la concentrazione delle modulazioni. piuttosto allo slancio di una romanza di Mendelssohn. dal Mi maggiore settima in secondo rivolto.1 anche degli Excercices) basterebbe a fugare ogni dubbio. per l’uso della nona. nell’opera di tanti autori. Come un chitarrista di scuola napoletana potrebbe concepire la cadenza Re maggiore/Si minore delle battute 18-20? La si suoni a occhi chiusi e dite se non vi compare piuttosto il fantasma di Clara Schumann 15 . e non agli stilemi che saranno poi dei romantici. con quella suspence eccezionale che culmina con lo stacco (e il respiro) tra il Fa diesis acuto in prima corda. La minore (col do in prima corda)/Re minore settima (col Fa sempre in prima). Il cromatismo discendente del basso – bellissimo a mio avviso – dal Fa diesis minore al La maggiore.. ovviamente.La sezione centrale in La minore nel crescendo è di un parossismo la cui qualità non si riscontra nella misura più apollinea di Giuliani. una sua diminutio. 16 . Insomma. tanto quanto il crescendo che approda al La settima (battuta 48). una successione che richiama piuttosto lo stile barocco. sembra trasportare la chitarra in un’aura pianistica posteriore di quindici anni (senza voler esagerare col Romanticismo. prima della ripresa (battute 31-35). non appartiene di certo alla modalità che adopera Giuliani per creare e risolvere un’attesa. Non è questa. estraneo per lui. comunque si tratta di un sentire non riconducibile a Giuliani). semplicemente questo non è il modo italiano – ‘austricizzato’ ad hoc quanto si vuole – di trattare passaggi e cadenze.. e infine scende alla dominante in prima posizione. la coda col pedale al IV grado minore chiude questo primo preludio che nell’andamento. col passaggio. Egli adopera formule più difficili e pirotecniche. del 1819: viene forse in mente la Sonata Eroica del Nostro?.1.... e molti dovettero essere i pomeriggi passati a suonare assieme. una prova di come alcuni sodalizi (non necessariamente tra amici o contemporanei. Un consulto col giovane Moscheles?. postuma.così come nella sonorità che scaturisce dalla formula d’arpeggio e nell’accademismo formale filo–barocco. stavolta lontana: «…sono PLAGIAAAAAT…» 17 . Coi due Giuliani è famoso coautore di opere per piano e chitarra. vedi Stravinskij/Gesualdo da Venosa) provochino uno scambio senza che nessuno ne ‘chieda soddisfazione’.. Contando anche il violinista Meiseyder. gli ideatori del Dukaten–Concerte erano una bella brigata di talenti musicali… Per di più.29 del ventiduenne Moscheles: vi ricordano qualcosa? O magari ascoltate la formula di terze che lo stesso Moscheles usa nel primo movimento (appena dopo il secondo tema) del suo beethoveniano Concerto per piano n. sembra un piccolo Klavierstücke di marca germanica piuttosto che un prodotto francese o italiano. Igor non pubblica madrigali di Gesualdo a suo nome. essi erano amici. eppure. E va bene.. no! Troppo tardi: è ancora la voce di Ophee.. si può ascoltare il suo bachiano Capriccio in Mib. e si scambiavano cortesie: ascoltate (voi chitarristi) la seconda e terza delle Variazioni su tema di Händel op. Ancora una volta. op. Digressione Un ‘aiutino’ di Hummel? A proposito di modulazioni. I Préludes (visti dalla postazione degli Exercices) Non si contesta pertanto a Giuliani la possibilità tout court di realizzare quei preludi..4). Lo stesso accade nel preludio n. . è la sua opera. le cadenze e prolungando l’attesa della tonica.3 in Do maggiore (excercice n. tuttavia. rispetto alle battute 54-55 dell’excercice..la formula che userà per tutto lo studio. e sceglie di non utilizzare il disegno delle battute 35 e 36 di de Lhoyer 18 . Per tornare al primo preludio. Giuliani introduce due ritardi per arrivare alla dominante di Sol meno bruscamente dell’altro. rispetto all’originale di de Lhoyer il pugliese interviene infatti diverse volte. a testimoniarne l’estraneità nel pensare musica in siffatta maniera. Si tratta di piccole aggiunte e accomodature di gusto personale. dove. ampliando. aumentandone respiro e riuscita musicale proprio in momenti importanti come le transizioni e i finali. prova ne è che i suoi interventi riescono efficaci proprio nel rendere più fluido quello stile a lui avulso. Dando oramai per scontato che lo stile di quegli arpeggi non sia di Giuliani. Giuliani mostra di destreggiarsi perfettamente con il linguaggio dell’originale su cui lavora. variando i bassi nella seconda parte (pur mantenendo gli stessi accordi). nel citato cromatismo del basso (prima del ritorno all’incipit) e nella coda. Si vedano le battute 59-60 del preludio. che però migliorano l’impianto formale dello studio e danno maggiore coerenza ad alcune formule armoniche. Giuliani non si fa sfuggire . inoltre..7.trovandola nelle battute 38-39 della versione di de Lhoyer . sostituendo quella più monotona del francese. rimane comunque un arrangiamento pregevole. .6 (excercice n. mentre Giuliani preferisce assecondare il cromatismo ascendente usato di lì a poco dallo stesso de Lhoyer . Il preludio n. Egli sostituisce. nella sua battuta 11. È l’unico lasciato intatto da Giuliani. usa il movimento del basso Do-Si-Re diesisMi per modulare in Mi minore. il penultimo Do di de Lhoyer con un Re (tanto per evitare di ripetere un’identica cadenza nella battuta 23) e nella battuta 26 pone un Si bemolle al basso. il quale termina lo studio con un finale barocco sostituito da Mauro con uno più ‘da concerto’.usandolo però al riverso nella sua battuta 15 Il francese. 19 . Esso non fa eccezione nell’impianto interno di tipo tripartito comune a tutti gli altri . modulazione alla dominante..cioè incipit e progressioni libere.3) è il più enigmatico della raccolta. ripresa dell’incipit e coda ‘bachiana’ al IV grado. nelle sue battute 6-7. con l’eccezione di tre singole note e l’accordo finale. nella battuta 37 l’italiano sostituisce l’originale La della quart’ultima nota con un Do (naturale nella stampa.. più melodica. in certe opere. Nel preludio n. o nel curioso La minore della battuta 41 dell’excercice. ma è in generale caratteristica precisa del suo modo di trarre musica dalla chitarra.5) Giuliani opera parecchi aggiustamenti. si tratta davvero di minuzie. In ogni caso. ‘cabalistica’ compiutezza. anche l’accordo e l’unisono finale nulla aggiungono. che lui in questo modo rende cromatico (Si bemolle.dove l’altro sceglieva un Re. imprimendo a questo studio – bello ma minato dalla sua originaria rigidezza formale – un movimento che lo ‘salva’ e lo valorizza.4 in Mi minore (excercice n. Come nel caso del La settima. Quest’ultima scelta di Mauro è più coerente col disegno complessivo del basso. ma senz’altro un Do diesis) per seguire il disegno del seguente Si maggiore. Questa tendenza può essere. che porta alla ripresa dell’incipit. trasformando per prima cosa la formula ritmica originale accordo/arpeggio (piuttosto statica e alla lunga monotona) . Pezzi come questo non si possono modificare. arroccato com’è nel suo tono di Re minore (che lascia poco spazio all’aggiunta di bassi all’ottava inferiore) e soprattutto protetto da una misteriosa. ma spesso reca risultati sonori interessanti (si ricordi sempre che. suonando pertanto un po’ pleonastici. la quale risiede in una condotta digitale della musica che non ammette altre soluzioni. per lo più gravate dal sospetto del refuso di stampa. anche un limite del colonnello. Infine. egli compone sulla piattaforma ristretta delle cinque corde). 20 .in due sestine arpeggiate. accrescendone le potenzialità liriche e patetiche. Giuliani si accorge che su questo brano non si può intervenire. La bemolle e Sol). De Lhoyer sceglieva invece una soluzione forse migliore. La capacità di de Lhoyer di imporsi una condotta razionale e consequenziale delle dita è qui al servizio di un parossismo armonico deliberato. richiamandosi al motivo dell’incipit. Onestamente. fino a un certo momento.. Egli scompone l’accordo in tre e salva la melodia arpeggiata di de Lhoyer nelle tre note successive. La. passando poi.. al Mi minore. Mauro evita la pleonastica ripetizione del Si minore in prima corda e utilizza abilmente il Mi diesis dell’accordo diminuito per una cadenza dal VI abbassato. . inglobandole nel suo morbido arpeggio di sestine. L’ultimo arpeggio della battuta 26 di de Lhoyer. Da notare come Giuliani armonizzi tutte le asprezze formali originali di questo studio... con rapidità un po’ superficiale. dall’effetto un po’ ‘duro’. La sezione che precede la ripresa dell’incipit abbonda di esempi di questo tipo. rispettandone l’armonia e intervenendo a modificarle solo quando il suo gusto personale o le esigenze di diteggiatura glielo impongono.. laddove de Lhoyer modulava dal Si minore al Fa diesis maggiore (battute24-25-26).In particolare si osservi come Giuliani trasformi la fase centrale dello studio (la ripetizione dell’incipit al V grado) in un momento di grande pathos. che riveste la dominante d’una luce intensa e drammatica.. 21 .. nella sua battuta 35 e infine prolunga con un bel ritardo della terza nel Sol maggiore la modulazione originale (di nuovo un po’ brusca) al Do maggiore.viene sgranato con eleganza da Giuliani nella sua battuta 27 Allo stesso modo Giuliani stempera una modulazione rigida al Do minore (battute 34-35 dell’excercice) .introducendo più elegantemente la sensibile Si al basso. 22 . brillante e molto ben costruito. dall’andamento causato da quella nona. che non esce complessivamente dagli schemi formali degli altri. soppiantato da un’intensità spensierata e piena di gaiezza.5 in La maggiore (excercice n. Esse sfociano tutte in episodi musicali pregevoli. E inventa. come le due modulazioni al Fa diesis minore delle battute 23-26 23 .ancora una volta nell’elemento barocco.con una ‘terza piccarda’ che su Mauro ha con tutta evidenza l’effetto del fumo negli occhi. egli non vuole – né potrebbe. morendo. anche se senza preparazione. per sua natura – abbandonare nella coda il tono patetico del pezzo. qui è davvero bello e appropriato. le quali non hanno quel carattere parossistico e a volte gratuito che si riscontra in altre parti della raccolta.2). Nella prima parte Giuliani non opera nessun arrangiamento al di fuori di qualche basso all’ottava inferiore. ben compiuto dal punto di vista ‘meccanico’. un bel ritardo della tonica (una nona che giunge inattesa dal pugliese…). Per di più. poiché anche questo studio è ispirato e. Molto belle qui le progressioni di de Lhoyer. Andiamo ora al preludio n. che nel precedente studio si rivelava tutto sommato inutile. che rimane comunque perfettamente nello spirito dell’incipit e termina un arrangiamento di gran classe. anche se possiede un tono meno accademico. De Lhoyer opera una progressione verso la dominante chiudendo . il quale diventa un disegno ripetuto per accrescere l’attesa del V grado. cui la sua forma vuole rifarsi . Segue. appunto. un arpeggio veloce.Il consueto intervento di Giuliani sulle code. una chiusa sconsolata di terze e seste. ma una ripresa dell’incipit in Si minore. che a sua volta lancia un cromatismo discendente. 24 . Giunto al culmine del cromatismo. Non è presente stavolta la modulazione centrale al V. de Lhoyer torna all’incipit in La.e 30-31 dell’excercice. preceduto da una brevissima ma appropriata cadenza libera che Giuliani giustamente amplia (anche se di poco) girando intorno alla dominante con i bassi Fa naturale e Re diesis. enigmatico quanto vorticoso. 25 . prolunga una cadenza al Sol maggiore (battute 46-47 del preludio) e si priva del La maggiore voluto da de Lhoyer (nella sua battuta 64). i cromatismi e la mini-cadenza dello studio) nell’unico finale possibile. Per il resto lo studio è perfetto.. anche questo studio è lasciato pressoché intonso da Giuliani. e portandola a un crescendo drammatico sul IV minore. Come quello in Re minore. intuendo le potenzialità racchiuse nella ‘campanella’ unita al pedale di La del francese. una grancassa di capriole ‘alla Rossini’. lasciando il Do diesis diminuito per tutta la misura.Il temperamento del virtuoso non si fa scappare l’occasione di ingigantire la piccola coda originale di due righe. compiuto sia musicalmente che dal punto di vista formale.. con l’eccezione dell’uso di un Mi basso alla battuta 8 e di due episodi dove egli.. .2 in La minore (excercice n. perciò quello che più di ogni altro (modulazione al V e ripresa dell’incipit a parte) sfugge all’attrazione stilistica barocca propria di de Lhoyer.6) è un arpeggio rutilante e di forte temperamento preromantico.. che sfocia (dopo le progressioni. Il preludio n. per motivi di gusto. Tre soli bassi. sta il senso del contributo di Giuliani al classicismo chitarristico. In questo. ma più che altro aggiustamenti formali che appaiono migliorativi. Una maniera di decisa impronta nazionale. che hanno però il pregio di costituire un piccolo. e non lo tocca nemmeno nella coda (mai risparmiata negli altri studi). Carcassi. limitandosi all’aggiunta di tre bassi di Mi al seguente finale originale. oltre che nella musica pura. soprattutto meno artificiosi rispetto a quelli usati da altre scuole. a chiusura di un’espressione egregiamente realizzata in sé. Legnani) nell’usare al meglio le potenzialità dello strumento per accogliere lo stile classico e in esso creare.Giuliani se ne accorge bene. così sicura e naturale. perfetto cesello. su uno strumento che – vale la pena ricordarlo – era appunto nuovo e proveniva dalla bottega di un geniale liutaio napoletano. mai gratuiti e attribuibili principalmente alla maniera di Mauro. O se vogliamo. accostabile a ciò che Paganini dona alla tecnica. 26 . all’essere del violino come altra creazione italiana. di disporre la musica sulle corde. Quelli di Giuliani dunque sono raramente interventi strutturali. ma anche Carulli. che testimonia la maestria dei chitarristi italiani (Giuliani su tutti. la loro abilità nello scoprire gli espedienti più efficaci. temi d’opera strafamosi. Donizetti.000 abitanti. ma anche canzoni tradizionali di tutte le nazioni e persino quelle romane). ma relativamente agevole per il suo talento di profondo conoscitore della tastiera e delle sue possibilità. La Vienna del 1817 era certo per l’epoca una grande città. si distinguono vari e impliciti livelli di destinazione. poiché ristretti alla corte e ai salotti. a seconda della difficoltà dei pezzi. che trascrive Mozart e Cimarosa. con i testi in dialetto. infatti. che scrive a quattro mani coi migliori virtuosi di Vienna. ma di non più di 60.. ma nell’arrangiamento di quei brani. Pro Iuliano reo Forse quel che più interessa al musicista appassionato delle vicende di un artista del passato è proprio che Giuliani s’imbarchi non in un adattamento (una prassi comune). e un Beethoven che brillo dà i pizzicotti sulla ciccia di Frau Hummel (non incline a ricambiare le attenzioni)… Perché insomma il “divo” Giuliani all’apice della fama deciderebbe di rubare dieci pagine a un francese pressoché sconosciuto?. al culmine del vigore fisico e del successo mondano. Dunque un artista sulla breccia veniva presto a sapere. Giuliani pubblica a suo nome. pubblica senza sosta lavori assai richiesti. appunto: perché quei pezzi in particolare? Giuliani è un artista dalla vena creativa facile (egli varia continuamente. romanze. e che tuttavia dovette intrigarlo alquanto. poiché tutti a Vienna lo vedono e lo sentono. fino al già citato Potpourri nazionale romano. se si pubblicava senza permesso a suo nome. formule e invenzioni tecniche rintracciabili nelle opere coeve. aristocratici o borghesi.8.avanzata da Ruggero Chiesa e Marco Riboni .di una pubblicazione dell’adattamento da parte dell’editore all’insaputa di Giuliani è davvero poco plausibile. Anche se. certo Giuliani variatore e arrangiatore della migliore opera italiana (Rossini. senza che alcuno s’indigni (essendo la prassi. che con la chitarra fa ciò che vuole.. Altra cosa è. divertimenti. e si trova all’ottantaduesimo numero d’opera. ammesso pure il possibile sotterfugio di un editore furbetto. in un mondo dove la musica classica non era quella pagina da museo ch’è oggi. Nell’imponente produzione di Mauro si distingue benissimo quello che è destinato al mercato degli amatori e dei principianti: studi facili. che musica testi di Goethe e di Metastasio. frequenta i migliori solisti di Vienna scambiando con loro temi. di musica dichiaratamente commerciale. come tutti. Altrimenti perché mai cimentarvisi. senza rivali di pari livello. Questo 27 . Spontini. i suoi circoli musicali non possono certo paragonarsi a quelli di una metropoli odierna. ballabili e raccolte di canti di tutti i tipi. Cherubini). Semmai la domanda è. tecnicamente parlando un lavoro non certo da principiante. rigida come una mummia). Perché mai quest’uomo. che scrive concerti per chitarra e orchestra nella capitale della musica. che pranza in quattro con Johann Hummel e signora. e soprattutto metterci nome e reputazione? A questo proposito l’ipotesi . o di chi pubblica per primo. Bellini. una montagna di Spielmusik. E chissenefrega delle lastre. bagatelle. tra Austria e Italia. quello degli Excercices. essi sono difficili tecnicamente (se suonati alla giusta velocità) e soprattutto complessi musicalmente. appunto per ogni livello di difficoltà. lo è). appunto. Infine. e sono naturalmente i più celebri: quei difficili morceaux de concert che i migliori solisti d’oggi includono nei loro programmi. Si sa che un preludio può essere un esercizio (soprattutto in area austro-tedesca).repertorio. Ora. excercices). che possono permettersi un’istruzione musicale. A Vienna la comunità musicale è fatta di gente che si conosce e intrattiene rapporti artistici e commerciali. il quale è allievo di Salieri. oltre allo stesso Giuliani. L’op. musicista poliedrico ed editore di Schubert. posseggono. di Giuliani.83 sarebbe di sicuro saltata all’occhio degli allievi più dotati e dei professionisti della chitarra presenti a Vienna. e Beethoven chiede consigli musicali a Salieri. costringendola a un ‘rodeo delle quinte’ in sella a quegli arpeggi diminuiti. alle continue progressioni e ai barré. è comunque destinato al ‘consumo’ delle fasce abbienti. come il talentuoso pupillo Franz Mendel.come mostrato sopra . ma esclude il principiante per rivolgersi invece a quel circuito da camera e salottiero dove. che suona il timpano nella Settima di Beethoven (come tutti gli altri). Dunque essi hanno una scuola. Infatti il carattere dei pezzi è tutt’altro che superficiale.. se per i Préludes si deve pensare a un’operazione editoriale studiata. scrive per la chitarra e bene. Bevilacqua. oltre ai già citati Matiegka e Molitor. checché se ne dica. ci sono i brani che Mauro pensa solo per sé e per le performance di maggior peso e prestigio.. che è allievo di Hummel. è a questo miglior Giuliani che dovrebbe attribuirsi la ruberia. ma questi . per chi pubblicare la Gran Ouverture op. Essi hanno la natura dello studio (de Lhoyer li chiama. Molitor ammette solarmente che la comparsa (“messianica”) dell’italiano e della sua scuola ha fatto di Vienna il centro chitarristico migliore.61? Per chi la userà come soprammobile.posseggono una diversa cifra stilistica. è lecito concludere che Giuliani sapesse bene che chi aspettava di comprare rondoletti e monferrine per la figliola le avrebbe fatto sgradita sorpresa. la dignità musicale adatta alla sala da concerto. Una comunità ampia ma allo stesso tempo dai confini visibili. tra le relazioni dei musici d’élite? Giuliani è amico di Moscheles. O v’erano forse solo incapaci? Tutt’altro.1. come il primo. non potendo superare la prima pagina. essendo formule d’arpeggio. Diabelli. Altrimenti. e il professor Heck sgrana una bella lista di nomi: Tandler. Perché non chiamarli studi? Ne ha composti a centinaia. Giuliani li chiama in questo modo e sono gli unici della sua produzione. è vecchio amico di Hummel. Inoltre. Una prova di come si tracci di un cerchio compiuto. Wolf. Egli non è il solo musicista-editore (fra gli altri. insegnandola. Poiché ogni principiante fuggirebbe alla vista di questi brani. quindi. op. e allievi (come tutti i chitarristi citati sopra) i quali comprano strumenti e spartiti. Diabelli. si presume la presenza di altri musicisti in grado di eseguirlo. e 28 . anche Pleyel. von Call.? Molitor e l’allievo Klingerbrunnen pubblicano un loro metodo più o meno negli stessi mesi in cui compare quello famoso. . Escludendo gli arrangiamenti e accompagnamenti delle canzoni popolari. non ci siamo. facili o difficili. attribuendo a Tadé Weigl troppi scrupoli di tipo artistico. Essendo gli editori in primis dei commercianti. dunque. rispetto a quello arcinoto di Mauro? È mai possibile vedere la nonna di Palermo. il quale evidentemente non sbagliava un colpo. senza faticare e grazie alla ‘soffiatina’ dell’editore occhiuto? Tutto questo ai danni di un francese.. che perennemente lo rimproverava di scrivere cose di pregio ma ineseguibili e a volte artefatte e pompose. di matrice editoriale. Si potrebbe dire che il rapporto tra critici e musicisti non era all’epoca troppo dissimile da quello odierno. ma ho qui la musica di un certo de Lhoyer di Parigi. di rubacchiare sei piccoli pezzi? Abbiamo già visto che i compositori erano disinibiti con i ‘prestiti’ e gli editori non andavano per il sottile. L’uso di annunciare e recensire le pubblicazioni era assai adottato per Giuliani. dopo aver imbandito la tavola con sfincione. allievi. per uno o vari target. tanto sono già bell’e fatti. pasta 29 . che pubblicava lavori senza sosta. Di Giuliani o meno. Tuttavia potrebbero essere attribuiti a Mauro.. qui da noi chi lo conosce?. per interesse o sinceramente. il solo caso in cui il pugliese dia alle stampe qualcosa che non esca dalla sua mano di creatore o variatore/elaboratore . Che bisogno aveva il Giuliani degli anni d’oro. «Ascolta Mauro. ora inferiore allo standard consueto. Dovremmo pensare che anche Mauro faccia lo stesso ragionamento di un Weigl. Sembra roba da pataccari.due ritocchi qua e là. professionisti della musica. ora inadatta a una sala troppo ampia o a dominare un’orchestra. non mancarono dunque appunti e qualche critica.. come una del 1810 che elenca pezzo per pezzo un’‘uscita’ del pugliese. eh?».è quello dei Préludes. al contrario del divin Mauro. Tutto ciò per dire che in Austria e Germania. si può pensare a uno sfruttamento del vento in poppa per ‘piazzare’ anche i sei preludi. No. A Lipsia.e che chiaramente non sia nel suo stile . Pertanto si sbaglierebbe.. Heck registra una corrente anti-Giuliani. Ora. Esse non furono mai dirette all’esecutore.Dài una guardata ai pezzi. comunque unanimi. e la selva degli arrangiamenti/collaborazioni dell’allegra brigata dei Dukaten. Ma potrebbe valere anche il ragionamento inverso. poiché normalmente si edita per un pubblico che si presume di conoscere. Le recensioni potevano essere anche piuttosto accurate. Accanto alle lodi.. si compone un circolo di editori. poi. esperti e appassionati. preferendo quelle di altri compositori (locali) delle sei corde. Le sue pubblicazioni vanno a gonfie vele. Intorno a un acclamato virtuoso. dando in pasto agli aficionados (e ai recensori) brani così avulsi dalla sua maniera solo per non rifiutare un piccolo guadagno extra.e cena con lui e Giuliani etc. Davvero è pensabile che nessuno si accorgesse dell’evidente diversità del loro linguaggio. terminando con un poco caloroso giudizio in merito a un arrangiamento tratto da Méhul. poco noto – un vero dispetto. etc.. non ti sto a dire come. quanto alla musica: ora troppo difficile. non si avevano troppi peli sulla lingua. Poteva passare inosservata un’uscita editoriale di quel tipo? Intorno al 1815 si colloca il periodo aureo di Mauro a Vienna. si venderanno. e pubblichiamo. Quello stile. rientrare in tinello dalla cucina esclamando «Et maintenaint. dopodiché il solista si cimenta. la quale offre il destro a molti ragionamenti. mon cher. il colonnello non era affatto ignorato. insieme a Karl Blum – reggetevi forte – in un Duo del miglior de Lhoyer… davvero un bel programma. tra di noi appassionati della musica e della chitarra si potrà almeno tentare un quadro en privé. tra i quali. suonato da chitarristi di area germanica. «Nonna. nello stesso anno dell’uscita dei Préludes i nostri compositori compaiono insieme in un programma da concerto. ma azzarda. Herr Gründler. 30 . cioè una carta. Il periodo del concerto di Gründler. Riboni scopre come intorno al 1815 Giuliani faceva scuola in tutti i sensi. Poteva ben essere a Berlino con Wild o magari sapere di de Lhoyer dall’amico tenore… In ogni caso. vi erano altri esecutori abili come Justice Gründler o Leonard Schulz. ritenere almeno che a Giuliani quei pezzi piacessero. stigghiole e moscato di Zibibbo.) virtuoso italiano – ma.‘alla Norma’. quando deve divertirsi e fare colpo sul pubblico di Berlino. si scopre un momento intrigante. il buon Blum (che magari a Lipsia compiace il gazzettiere) suona i difficili duetti del colonnello de Lhoyer!. Essendo gli storici in attesa che la Provvidenza cali una manna.83) Gründler suona delle variazioni per chitarra e orchestra di Mauro. Altro che sconosciuto.. inoltre... che in quei mesi cantava varie volte con Giuliani all’accompagnamento.. non sapendosi bene se è a Vienna. era diventato negli anni assai ben conosciuto. un peu de croquembouche?». e aveva molti allievi. anche fuori Vienna. È più che lecito. e non poco. a Berlino c’era anche il tenore viennese Franz Wild. Tutti loro interpretavano in concerto brani del maestro. pertanto. è chiaro che dietro la ficton di prima c’è una questione meno semplice di quanto sembra. Tra le pagine delle gazzette musicali. in tour o altrove. che non sfugge a Heck: a Berlino nel 1817 (anno di pubblicazione dei Préludes op. Il professore è cauto. Blum è uno di quei compositori caldeggiati dalla stampa ‘avversa’ di Lipsia per scrivere musiche più ‘umane’ rispetto al complicato (e quindi un po’ antipatico. ma… ti senti bene? E…dov’è finito ‘u pastizzu…?». oltre a Mendel. per essere affiancato al chitarrista-compositore più celebrato del momento. poi. è uno di quelli in cui Mauro ‘si occulta’ alle cronache. altrimenti la deontologia impone di non muovere un sopracciglio (benché il professor Heck si lasci spesso andare a sue speculazioni e addirittura allo scherzo). Detto questo. lo Giulianis Weise. Ma è a Nicola Giuliani. ma se prima ci si piegava al volere del proprio signore. aggiungendovi importanti scoperte e soprattutto sfumature del Giuliani figlio. Nina Wieselberger. in altre relazioni e altro tenore di vita) fu un primo segnale delle mutate sorti: causò la separazione e il trasloco a Vienna delle due figlie. Da Trieste solo il quarto fratello Gaetano sceglierà di fare ritorno in Puglia. si era ora soggetti al ‘mercato’. Che da sempre vuole musica facile e di moda. È un elemento assai importante quello della sfera privata. per tentare la sua fortuna.che sottovalutano il suo scrivere “non per l’addetto ai lavori ma per una mera divulgazione” . in un tempo relativamente breve. una virata. Da una di queste missive si apprende della generosità con cui Mauro si fa carico delle spese mediche richieste dalla malattia di una cara amica. Humanitas Si può anche avere bisogno di denaro. e come attraverso questo suo approccio alla ricerca si sia ottenuta una visione biografica ben più ampia. erano però tutt’altro che affrancati economicamente dalla loro munificenza. rispetto all’orizzonte offerto dalle sole carte militari consultate da Ophee). vendendo una pietra preziosa avuta in dono dalla sua protettrice. l’Arciduchessa Maria Luisa. con la madre Maria Giuseppa. La delazione circa la sua trascuratezza verso moglie e figli (che risiedevano a Trieste mentre lui avrebbe indugiato. una società difficile. ai loro danni. Nicola Giuliani ha avuto grande importanza nel ritratto complessivo che si può avere oggi di Mauro. L’appunto mosso da alcuni critici ‘ufficiali’ al discendente Nicola . L’editoria poteva ora consentire l’ipotesi di una indipendenza. 31 . Von Weber o Paganini non erano stinchi di santo. che scorre parallelo alla carriera del virtuoso. quella del primo ‘800. È infatti l’addetto al lavoro della ricostruzione a dover beneficiare per primo di quel punto di vista (vedi. Maria Anna Willmuth (avuta da un’altra relazione) e la piccola Emilia. che solo davanti al latino dei codici si toglie il cappello. bel quadro di famiglia. poiché si offre come complemento indispensabile per non incappare nella ricostruzione di una vita in base alla sola carriera (l’inciampo più comune dello storico che ignora certi particolari).è secondo me ingiusto. musicista. meritoriamente. con gli Stati europei in agitazione continua. Fu Riboni. a scoprire nuove lettere di Mauro che ampliarono di molto le informazioni di ambito privato. discendente di Mauro. l’umiltà di Erik Stenstadvold nel cercare il contatto con i discendenti di de Lhoyer. E le vicende relative alle loro tentate speculazioni sono arcinote. Era anche. I musicisti. quando si trattava di soldi. che si deve la ricostruzione di un intimo. Nella capitale austriaca approderà poi anche il figlio Michele. Urgentemente. Le varie biografie di Giuliani raccontano che la sua fortuna avrebbe subito. a Barletta. più avanti. a Vienna. marito e padre.9. e mosso proprio dalla sensibilità tetragona dello studioso. non più quegli umili servitori dei signori. Fino a pochissimo tempo prima le vendite andavano bene come sempre. piuttosto all’improvviso. si registra che proprio allora (siamo ora nel 1819) il numero dei concerti di Mauro cominciava a diminuire.Quindi le preoccupazioni circa la sistemazione. Inoltre. alla vicenda dell’insolvenza di un forte debito contratto.. Nel 1816 ad esempio Giuliani è assente dalle cronache musicali di Vienna. il mantenimento.. del ritorno forzato in Italia nel 1819. del pignoramento dei beni. anche in periodi precedenti Mauro si era esibito meno. magari perché più impegnato nella composizione. le doti delle figlie e la futura carriera di Michele potevano ben assillare Giuliani padre. In ogni caso si arriva. Ma Heck osserva come questo fatto non debba necessariamente doversi a un calo d’interesse per la chitarra. 32 . Ma Ophee è di fatto indistinguibile da Heck nell’impostazione fideistica di chi confida. che sprigiona indubitabili e splendenti Echte. accreditati) eseguì l’anno dopo uno dei suoi concerti sotto la direzione di von Weber (!). entrare nell’insidioso territorio degli studiosi della musica. forte della sua scoperta è più voglioso di chiudere alla spicciola e colloca la composizione degli Excercices da parte di de Lhoyer negli ultimi anni del ‘700 o i primi dell’800. egli individua una possibilità spostando la sua verità su una tesi seducente poiché indimostrabile. poiché Giuliani. Anche se. Questa perla si aggiunge alla famosa partecipazione. ai duetti con Paganini. Fate vobis. Heck si arrocca nel suo ‘terzo testo’. dove cioè essa non accompagni la voce. Ophee. solo nei documenti.. rimane comunque la bravura di un genio della chitarra nel rendere fluido sulla tastiera un testo estraneo. la tesi plausibile del professore è anche parecchio sagace. che trovi però il modo di congelare le chances dell’avversario. Che dice. si direbbe oggi. del valore del musicista.. Ophee ha facile gioco nell’appoggiarsi sull’evidenza del suo ritrovamento: una musica identica a quella edita da un altro autore. appena reduce dal Congresso di Vienna (dove era uno dei solisti. che gli offre partiture manoscritte per i suoi arrangiamenti. Cio è evidente. all’amicizia con Rossini. prove? Non ce ne sono. essa davvero ha il suo sole. Escludendo il plagio e volendo sposare il ‘terzo testo’ di Heck. Si tratta di relazioni – queste sì – tutte documentate.10.38. e guadagnando così un ‘pari e patta’. Ma il solo brano rilevante di von Weber per chitarra. è scritto nell’anno del soggiorno di Giuliani a Praga. invece. va detto. Di questo genere di ricerca non c’è traccia nell’articolo di Ophee. Gloria di Mauro (senza preludi) Tra la separazione e il rimpatrio si situa la tournée di Praga del 1816. e pubblicata prima. in ogni caso. una volta di più. e in definitiva alla pletora di amicizie e collaborazioni con il fior fiore dei musicisti del tempo. Questione di non di poco conto quando 33 . il quale scrive (per lui) e suona (con lui) il Divertimento op. nella misura in cui Ophee non sente alcun bisogno di suffragare la veridicità della sua conclusione basandosi anche su uno studio musicale. Quando si parla di età dell’oro della chitarra. che avrebbe richiesto un’immersione nelle opere dei due chitarristi come in quelle prodotte durante il periodo classico nei diversi paesi europei. organicamente. alla presenza nelle serate musicali private dov’era anche Schubert. nella prima esecuzione della Settima di un Beethoven alla bacchetta (insieme alla crema degli esecutori di Vienna). Di fronte alla partitura di de Lhoyer. Non voglio. al violoncello. Documenti. non ha dubbi. Come la mossa di uno scacchista in difficoltà. rendendosi inespugnabile ma allo stesso tempo precludendosi la possibilità di scorgere altri orizzonti. che danno un’idea della compiutezza di una vicenda musicale e umana che non molti musicisti italiani (e nessun chitarrista) possono vantare. Riboni rileva l’annuncio via stampa.favorisce però il sorgere dell’ingegnoso cavillo di Heck. in origine un quartetto. a testimonianza della sua serietà.si denuncia un plagio musicale – o tutt’al più una ‘polpetta’ editoriale . infatti (guarda caso.collaboravano. chiaramente lavorando già di suo su 34 .. è quello della pubblicazione nel 1810 di una musica senza autore sul frontespizio (sul quale si riporta solo che essa è arrangiata per violino e chitarra da Giuliani. Lo stesso frontespizio dell’opera riporta indicata un’amorevole revisione e correzione del padre. e si vende. dunque. nel 1817. ed è priva di numero d’opera). componendo l’adagio centrale: non dà alle stampe.. Ma non v’è traccia di scoppi di sdegno o di sfide a duello lanciate da Mayseder: essendo noto a tutti che sarà uno dei più intimi sodali di Mauro! Il quale.perché proprio lo studio musicale è la via che può portare a una certezza. che di lì a qualche giorno la suonerà assieme a un collega (non dunque col figlio. Ma questo avviene. della prima composizione di Michele. Nel caso di Michele altresì Mauro. cioè. pure chitarrista) in un’accademia viennese. che avevano certo una parte nel pensare e suggerire le operazioni editoriali più convenienti e lucrose. pubblicando a suo nome la musica di quello e probabilmente versandogli parte degli utili.debolezza umanamente comprensibile quando si vuole apporre il proprio timbro a una scoperta . uscirà arrangiata per piano e chitarra col nome del vero autore: un giovane come Michele. serie e avviate. arrangia il primo e l’ultimo movimento di quel quartetto. con un figlio o un giovane amico che si vuole aiutare. e qualche settimana dopo le sue variazioni sempre su quel tema. Farne a meno . Una faccenda tra storici. insieme certo a documenti e numeri di matrice. accorgimenti tecnici e soluzioni. Qualche tempo dopo (quando evidentemente Giuliani rivela nei circoli musicali. E sull’ovvia compiacenza degli editori. il violinista Mayseder. La tesi del ‘terzo testo’ si fonda sulla disinvoltura. op. Qualche mese dopo la stessa musica. Un altro caso che riporta Heck. Tuttavia Giuliani. Si tratta di variazioni per due chitarre sul tema della cavatina Di tanti palpiti di Rossini. sulla pista delle proprie sortite editoriali. e non solo. Heck parla del tentativo di un editore di sfruttare il nome del celebre virtuoso ai danni del ventunenne e poco noto violinista. un lavoro che non rechi impresso anche il suo sigillo. – Prima conclusione. come si farebbe. interagivano e scambiavano temi. Si tratta chiaramente di un ‘lancio’ editoriale: il tentativo del virtuoso di presentare alla società viennese.) un mese prima faceva uscire la cavatina di Rossini nel suo arrangiamento per voce e chitarra. lo aiuta a farsi strada. Ora egli ha un piccolo nome. che oggi sarebbe vista come spregiudicata.87. con tutta evidenza.che componevano ed eseguivano le loro creazioni in tempo reale . la paternità del duo) ecco uscire sui frontespizi il vero autore. a tutto beneficio del giovane violinista. il giovane figlio d’arte. Ad esempio. tra ontologie…ma così nun se quaglia (= così facendo. La prassi è chiara. con cui i musicisti dell’epoca . non si perviene alla risoluzione della faccenda). che indubbiamente aiutano molto. dei chissà quanti altri avvenuti nell’editoria del tempo. Mauro. appunto. figlio di Mauro. in ogni caso. scontata. non plagerà una sua opera poche settimane dopo. molto probabilmente il maestro è a conoscenza sia dell’evento che del collega. certo. per l’autore. essendo il colonnello noto negli ambienti chitarristici non solo di Amburgo (vedi Berlino/Gründler). a causa dei trasferimenti cui viene obbligato (al suo rientro dalla Russia e nell’esercito francese) e relegato in province isolate e lontane.30 e 70. per nessuna faciloneria. Della quale però. il professore è incuriosito da un’altra piccola chicca. sarebbe di Hummel… – Seconda conclusione. i due autori sapevano certamente e pacificamente l’uno dell’altro. Così Mauro cura il début dei due giovani. rispetto a quegli studi. pertanto. in una seconda fase. nella comune sorgente sconosciuta. cioè senza una chiara divisione delle voci.. alla pari e sostenuto da una vena creativa sempre fertile.e suonandola in concerto). eliminando dalla scena un elemento tanto oscuro e opprimente. e risolve la questione della diversità stilistica di entrambi.maestro di cappella alla corte di San Pietroburgo. – Terza conclusione. Ebbene. e come prima cosa. come risolvere. Ma la sensazione è che ci si possa spingere ad libitum nella matrioška delle supposizioni. ma dov’è mai il danno? Ah. Il quale tuttavia. dove il colonnello fu impiegato per quasi dieci anni . finendo per mancare ogni ‘progetto di lancio’. stando alla quale l’orchestrazione di due dei concerti di Mauro. tentar non nuoce. un collegamento perduto tra i due. la questione dei Préludes? Solo con il concorso dei due autori. ancora giovane e celebre. sempre più preso dalle vicende di famiglia.o i suoi allievi tedeschi come Gründler (poiché de Lhoyer visse e pubblicò ad Amburgo sonata e concerto. quando collabora lo fa de visu. Quando aiuta lo fa con generosità. trova il modo di patrocinare l’op. tramite il fratello Nicola . in tutto questo quadro. azzardata ma non troppo. per concludere.1 del figlio sedicenne (praticamente scrivendola. nessun plagiat. op. annuncia ad Artaria da Venezia l’idea di tornare. prima dell’arrivo di Giuliani a Vienna). L’opportunità per una revisione viene offerta a Mauro dal fatto che gli Exercices sono per la vecchia chitarra a cinque corde e stampati con una notazione di vecchio tipo. A proposito delle edizioni di Parigi e Vienna. meno scontata. Mauro è attento e scrupoloso. onestamente. L’operazione editoriale è probabilmente gestita da Pleyel e Weigl. Se il brillante allievo Gründler suona la musica del suo grande maestro a Berlino nel gennaio 1817. si farebbe volentieri a meno. lo individua nel piano dei rispettivi editori. ma i compositori sono d’accordo. Non c’è verso. con l’orchestra. non era studiato per rimanere tale. plausibilmente. non prima di aver 35 . Heck.Rossini.. inserendo nel programma il bel duo di un talentuoso collega compositore. Per nulla arreso. Tuttavia. Mauro conosce e apprezza la musica di de Lhoyer. non può beneficiare dei frutti del ‘piano b’. Disinvoltura. quanto per generare un interesse verso quella musica e conseguentemente. Nel frattempo Mauro. persiste nel suo stile di vita e si indebita fino a dover lasciare l’Austria. una vox populi riportata dallo studioso Brian Jeffrey. C’è senza dubbio un tassello mancante. Ma questo quadro iniziale. Non v’è spazio. non regge allo sguardo comparato sugli originali dei Préludes/Exercices. pretende il suo ghost writer. appunto. sono un unicum di Antoine de Lhoyer. Paesi Bassi. Francoforte e infine Vienna. stando a Ophee. mentre appare chiaro che Mauro lavora sui pezzi di Antoine. difatti. Un lavoro autonomo su una sorgente comune ‘x’ porterebbe due compositori esperti a soluzioni individuali e diversificate. avrebbe dovuto accoglierlo a verdurate un gruppetto di chitarristi indignati del recente plagio ai danni di uno che conoscevano bene). certamente non di Giuliani. Sembra questa la tesi di Heck senza ‘terzo testo’. 36 . Ma il professore. mentre i preludi. Il quale. di nuovo. Olanda. avrebbe trovato il colonnello ad aspettarlo con la mazza ferrata in mano). essendo le sue modifiche così consequenziali alle precedenti scelte del francese. Berlino.intrapreso una tournée pianificata minuziosamente. che – egli sente – lo rimetterà in carreggiata finanziariamente: Parigi (dove. Amburgo (dove. Resterebbe ora da chiarire il movente dell’unicum. Stenstadvold suonava già in duo le poche partiture di Antoine disponibili nei primi anni ’80 e alla notizia della scoperta di Ophee s’incuriosisce. Antoine. che origina da una fonte di tutt’altra potenza: un autentico amore per quelle musiche. un musicista. attingendo direttamente alle memorie dei discendenti della famiglia Lhoyer – il de.11. Le quali. anch’egli una brillante riscoperta di Matanya Ophee. Antoine pubblica le composizioni migliori. escludono i dilettanti. L’ottimo Erik Stenstadvold. ammettendone il buon fiuto.che ha un passato da pilota e mostra di essere uomo di mondo . per lo stesso motivo. La quale vive. Egli infatti non scrive metodi o trattati come chi ha una scuola. a San Pietroburgo nel giro della Corte. Egli segue pertanto una ‘via del cuore’.è un personaggio dalle molte passioni. pubblica. va in Francia e contatta la famiglia del compositore. mostrandosi così obsoleta da venire gradualmente sciolta. amateur esiliato E finalmente un raggio di luce illumina la scena. Anna. Mauro incarna la figura moderna dell’esecutore di mestiere. Egli approfondisce molto la vicenda biografica del colonnello. le sue considerazioni. che ha meritatamente saputo costruire la sua fortuna. fu usato dopo sua la nomina al cavalierato. ma che potrebbe averne determinato e preservato la qualità. A una di esse. infatti. rispetto ai fasti di Parigi e Vienna. e che potrebbe spiegare l’oblio in cui scivolò la sua arte. monarchico convinto e membro di uno storico corpo d’élite di guardie reali. dedicherà appunto i suoi Excercices. e gli importanti ampliamenti di Stenstadvold ci permettono di andare molto più a fondo. Ciò non comporta una diminutio dell’Ophee. cui anche il chitarrista svedese paga il suo debito di riconoscenza. che gli finanziano le prime pubblicazioni fuori Parigi. cosa impossibile per un militare che si muove in continuazione. né. De Lhoyer è un militare attivo. mentre durante i 100 giorni accompagna il re al riparo da Napoleone. cosa che determinerà l’assidua preoccupazione finanziaria del colonnello. una formazione antica e blasonata. propria di un monarchico come lui. e tra loro dei chitarristi – viene subito in mente l’ottimo francocatalano François de Fossa. Va tenuto presente che è il nuovo professionismo musicale (di relativa indipendenza dai protettori e inaugurato dai musicisti del primo ‘800) a costituire la distanza Giuliani/de L’Hoyer. è un concertista. ma che non regge l’impatto con i nuovi tempi. Al suo rientro dalla Russia. un isolamento certamente non favorevole. 37 . mentre Antoine quella dell’ufficiale colto ‘vecchio stampo’. piuttosto esigenti tecnicamente. dove viene impiegato e insegna (tra gli altri) alle figlie dello zar Paolo I. inoltre il simpatico americano . Tuttavia lasciato l’esercito Antoine insegna la chitarra: ad Amburgo agli emigrés francesi di stanza nella città nordica. Per comprendere gli Excercices la vicenda umana di de Lhoyer è davvero cruciale. In quegli anni non sono pochi i musicisti arruolati. qualche anno dopo e sulla medesima rivista della querelle. a favore del virtuoso ‘specialista’ con le sue tourneé e i concerti-spettacolo). finito a combattere in Messico e morto. De Lhoyer è certamente anche un bravo chitarrista. paradossalmente. dà i suoi frutti: oltre al consistente ampliamento della biografia del colonnello. una bravura che aveva sì delle ambizioni musicali ‘pure’. l’isolamento forzato di Antoine dal mondo musicale ‘importante’ si fece man mano cronico. Ma in un certo numero di opere egli riesce – per convenienza o meno – a esternare appieno le sue autentiche possibilità. un destino simile a quello di de Fossa (anche lui ufficiale). Anche Antoine avrà ben accettato commissioni o richieste per denaro. ma è soprattutto un compositore che sfugge al cliché della carriera concomitante da virtuoso per scrivere isolato in provincia. immancabile nei lavori di molti virtuosi. ma stipendiato dall’esercito scrive musica bella. Sor e Aguado . è vero d’altra parte che essi scrivevano per la loro bravura e i loro proventi.. infine. Il colonnello non disquisisce di unghie. tra le fonti di sussistenza insieme agli studi e ai metodi. Per estrazione. ma capace di evitare quel tono spesso conciliante e a volte dolciastro. dopo una parentesi parigina. perpetuando così la figura del borghese agiato (un’agiatezza dalle fasi alterne. a causa dei rovesci politici) e coltivatore dell’arte.Proprio la mancanza di una chiara e locale audience da compiacere rende infatti la musica da camera per chitarra di de Lhoyer tra la migliore che sia stata scritta all’epoca (meno interessante è quella per chitarra sola). di respiro ‘internazionale’ e colto. come un amateur di genio.per tradizione quella del divertimento amicale e complice dei musicisti . anche il compositore de Lhoyer rimane espressione del mondo monarchico e assolutista. soprattutto nei periodi economicamente non felici. ma anche e necessariamente una committenza e delle attese da soddisfare. Aguado nella composizione. un ruolo e una reputazione da conservare. Giuliani. Una musica che rimane. per quanto sempre fresca e vivace. La diversa sensibilità del musicista Stenstadvold. nella Catalogna francese. Durante tutta la ‘seconda’ carriera militare postRestaurazione e fino alla pensione. talvolta unica. ecco comparire nel suo articolo la vera chiave dell’enigma. per di più impegnativa e ‘dotta’ (come mostra l’uso del canone rilevato da Stenstadvold). viste le richieste degli editori. 38 . Se è innegabile appunto la maestria dei Carulli.finiva.dovendo fare scuola e ‘cassa’. Molino.. appunto.. nella sensibilità come stile: l’Empfindsamer Stil. scrivendo musica davvero pregevole e di originale fattura. Che risiede. Sor. quello che i nuovi tempi gradualmente scalzavano (nello specifico degli ambienti musicali. Quasi immancabilmente la produzione da camera . pollici e ponticelli come a Parigi fanno Carulli. È il sentire ‘galante’. viste le sue assonanze preromantiche. se così si può dire. non presentano confini così netti. amava improvvisare al clavicordo in quello stile che non 39 . Insomma stranezze e bizzarrie.libera di ampliarsi all’infinito e di raggiungere il parossismo. appunto. è autore di un bel concerto per fortepiano. per definizione. avendo uno stile altro – poiché. che scrivono musiche da far impallidire un esecutore avvezzo alle sonatine e ai minuetti ‘da salotto’. arresti e cambi repentini (inattesi o violenti) di tempo. anch’esso perfettamente esemplificativo della nuova maniera.12. Johann Gottfried Müthel.si domanda come de Lhoyer possa aver concepito i rutilanti Excercices. mentre l’Empfindsamer è un evento straordinario. Nella Parigi di fine ‘700. come scritto da un autore che nel frattempo abbia modificato la sua maniera. le cui prerogative artistiche si delinearono a metà ‘700. Le fantasie di Carl Philipp Emanuel Bach sono quelle che incarnano le pure intenzioni Empfindsamer: si ascolti la celeberrima in Do minore per clavicordo. per contemplare l’esempio più fulgido dell’agitazione enigmatica di quello stile. che ha nello stile Empfindsamer la sua controparte musicale più audace. Un autore come Antoine de Lhoyer. in Sib maggiore. se non fosse tutto ciò espressione precisa di una ‘corrente emotiva’ che si muove dietro quella più ufficiale e gradita dal pubblico. come detto. Quella fantasia è . mentre la tastiera dispiega tutto il suo incedere improvvisativo e dagli umori nervosi e cangianti.di Philipp Emanuel. un’incursione in quel linguaggio musicale estremo.che non vuole credere alla coalizione PleyelWeigl e soprattutto al ghost writer . Ed ha ragione. Modulazioni ardite. Apparentato (nella tensione centrifuga di rottura degli ormai rigidi schemi barocchi) allo ‘stile galante’. configurandosi come essenza dello stile ‘sensibile’. infatti. Quest’ultimo e lo Sturm und Drang. dinamica e carattere. come l’amico. a traghettare la musica dal barocco di Telemann al classicismo di Mozart. Gli Excercices sono un prodotto di afflato ‘sensibile’. Anche Müthel. i musicisti che scrivono sotto l’effetto di questa eccitazione inebriante. un ‘esemplare unico’. Un cenacolo spirituale Quando si parla di ‘stile sensibile’ ci si riferisce al prodotto di una élite culturale della Germania del Nord.nel minimalismo del piccolo clavicordo . scrive Stenstadvold.e non a caso . L’intuito di Stenstadvold . Diversi sono. amico fraterno . noto come l’ultimo allievo di Bach padre. nei decenni. ne costituisce però una costola ‘estrema’ e per questo assai interessante. ma tardo. l’Empfindsamer non è maniera ‘di scuola’. operano chitarristi eclettici e sperimentatori come Jean-Baptiste Phillis e Charles Doisy. che come si vedrà si presenta puntualmente nelle fasi di passaggio tra epoche diverse. il cui carattere egli ritiene appartenere alla temperie dello Sturm und Drang letterario. oppure che si conceda un omaggio. Tardo barocco e primo classicismo si danno la mano nell’orchestrazione di questo originale compositore. Ma come entra de Lhoyer in questo quadro? Egli ne fa parte più di quanto non si pensi: come vedremo nel prossimo capitolo. Mozart. Si sa che diversi compositori (come Haydn.tollera la fissità e il ripensamento dello scritto. 40 . Joseph Kraus e altri) ebbero periodi o ‘momenti’ di emotività riconducibili allo Sturm und Drang. tanto quanto molto del pianismo di Beethoven si deve all’estrosità del grande Philipp Emanuel. l’ottima intuizione di Stenstadvold ottiene le sue conferme. De Lhoyer scrive dunque gli Excercices in questo periodo? No. ma. ingaggiata per esibirsi alla corte di Rheisemberg. Per quella tendenza che fa di noi oggi ciò che preparammo ieri. dove tra l’altro pubblica due opere dedicate alla famiglia reale. dove . che pubblica appena di ritorno a Parigi intorno al 1813. che soggiorna in Russia. In quegli anni di fine ‘700 de Lhoyer si trovava impegnato nelle campagne militari che seguirono il tentativo dell’armée des Princes di riconquistare il potere dopo la rivoluzione.insegna musica e pubblica i suoi lavori. I sei Excercices sono e rimangono un unicum nell’opera del colonnello. ma essi. Ad Amburgo egli familiarizza sempre più col classicismo tedesco. se non l’aura del mito dei tastieristi tedeschi. non è questo il suo primo contatto con la cultura tedesca: la sua biografia racconta infatti che (forse prima dell’arruolamento nelle guardie del re. forse con quella corrente di nicchia di marca Empfindsamer la cui eco si avverte anche a Parigi. non ancora. Un francese in (P)russia I chitarristi Phillis e Doisy mostrano come quella temperie germanica fosse penetrata negli ambienti parigini. dunque la sua biografia concede ampia possibilità di risalire a un’ adesione spirituale allo stile Empfindsamer (non v’è altro modo di aderire a una corrente del genere. per motivi insieme politici. se non idealmente). È intorno al 1800 che Antoine lascia l’esercito e per alcuni anni vive ad Amburgo. alla frequentazione russa (e forse. completamente avulsi da un musicista ‘napoletano’. Un’adesione che risale ai due soggiorni tedeschi ‘di gioventù’. tanto quanto lo sarebbero in quella di Giuliani. Che cosa respira l’ex colonnello in quella città. o negli intervalli delle campagne 1792-1800) egli si unì come musico a una compagnia di attori. cioè uno dei possibili effetti della sua esperienza musicale germanica: il segno del contatto col clima culturale che si incarnava nell’Empfindsamer Stil. sotto Federico il Grande) Philipp Emanuel aveva vissuto i suoi ultimi venti anni proprio nella città in cui era ora approdato Antoine. come si vedrà. che è del più grande interesse. A Stenstadvold non sfugge questo collegamento. Poi parte per la corte di San Pietroburgo. Al termine della guerra il colonnello si trasferirà ad Amburgo. militari e culturali. essendo perciò chiamato ‘il Bach di Amburgo’. e ‘trova’ anche Jean-Baptiste Phillis. la residenza di Enrico di Prussia non lontana da Berlino. Antoine pubblica in Germania lavori concepiti anni prima in Francia. in precedenza. s’incastonano nella biografia del francese colmando un tassello mancante tra Francia e Russia. dove trova una stimolante e cosmopolita comunità musicale.come già detto .13. dedicandoli alla Granduchessa Anna. In Russia De Lhoyer comporrà gli Excercices. a proposito dell’Antoine ‘sensibile’. 41 . parigina) con Phillis e alla contiguità che fino ai 36 anni di età lega Antoine al mondo germanico-prussiano. se ne fosse l’autore. a ben guardare. quelli dello stile fresco e vivace ‘alla Boccherini’. Carl Philipp Emanuel Bach – ivi scomparso pochi anni prima? Dopo i servizi svolti in varie corti prussiane (tra cui la stessa Rheisemberg. il suo. ‘più moderno’ ma ecceduto. figlio della nostra assuefazione nel contemplare il passato a posteriori. dal momento che la sua trasversalità e inafferrabilità non potrebbe mai sostituirsi al ‘potere’. pertanto. La reazione al severo impianto contrappuntistico barocco (a sua volta di vecchia matrice rinascimentale) e ai suoi ormai paludati affetti era già in opera. ma appunto uno sperimentatore che trascrive le sue improvvisazioni.16! Sebbene nell’alveo di una modernità che si vedrà malintesa. l’excercice n. la facciata umbratile. Poiché alla comparsa di Stravinskij nessuno sembra abbia esclamato «Ma questo l’aveva fatto Gesualdo». In questo senso più ampio Gesualdo. che può sulle prime sembrare una forzatura intellettualistica. sono nell’’elemento Empfindsamer’. Dioniso e il recitativo anarcoide Il solo de Lhoyer che può concepire gli Excercices. L’Empfindsamer delle fantasie di Philipp Emanuel è un ulteriore e deliberato impulso che intende eccedere il moderno nel patologico. La modernità di quel linguaggio non risiede nell’anticipare i tempi. il lato demoniaco di un’estetica che ha il suo ordine. e poi ancora Gluck: questo lo stacco graduale e ineluttabile dal barocco di Alessandro Scarlatti o Telemann. Infatti. Esso è frutto di una 42 . è quello che offre un omaggio – posteriore rispetto al soggiorno di Amburgo e alla soglia del ritorno in Francia – allo ‘stile sensibile’. Inimmaginabile. nelle fantasie Empfindsamer. il clavicordo notturno di Philipp Emanuel e Müthel. quello del Concerto op. Sono piuttosto i concerti per fortepiano e tutta quell’imponente produzione. le dissonanze e le bizzarrie delle fantasie di Philipp Emanuel non ebbero nessun ascendente diretto sulla musica del tempo. poi Stamiz e Philipp Emanuel. La caccia agli autori che possiedono questa caratteristica è un vezzo tutto attuale. come comun denominatore che avvicina molti uomini di frontiera. stilisticamente. il Pierrot Lunaire di Schömberg. cioè le testimonianze della sfera più onirica e dionisiaca: ecco il cuore dell’Empfindsamer! Il dionisiaco. moderna di per sé ma più edulcorata delle fantasie ‘sensibili’ (che ne costituiscono un ‘parossismo inclassificabile’) a lasciare il segno sui contemporanei. riposa l’essenza Empfindsamer. un brano Empfindsamer di epoca appena post-rivoluzionaria non garantisce necessariamente un salto di stile di 20 anni.1 (che corrisponde al primo preludio analizzato più sopra) come parto del giovane Antoine di fine ‘700. la produzione che ne fa uno dei padri del classicismo. il suo rigore apollineo. Vivaldi. È detto giustamente che egli non fu. Rameau. allora quest’ultimo potrebbe rivelarsi in un’altra luce: non è un Rinascimento.14. Proprio nello iato tra questi attributi. Il quale. un innovatore dello stile. È bislacco affermare che Gesualdo ‘anticipa’ le dissonanze d’inizio ‘900 e catalogarlo come ‘più moderno’ per la sua epoca: è di nuovo la nostra epoca che giudica. non va perciò identificato con quello che oggi s’intende per ‘avanguardia’ o ‘contemporaneo’. al di fuori dell’influenza su una cerchia di spiriti affini. dovendo questa invece. strumentalizzato a fini di sopraffazione razziale. di perle nascoste. dove ogni intento sonoro contraddice continuamente se stesso nel vortice della sospensione della legge. quel dionisiaco che a sua volta costantemente si oppone loro. E’ noto che il filosofo fu mal compreso. in primo luogo. avversandolo. E sopra una raccolta di studi. 43 . il cui filo perduto l’uomo europeo cercava dal Rinascimento. e poco dopo con la tournée di Praga. sconcertare. certo. Con la partecipazione nella prestigiosa raccolta dei sei Lieder di Reissig. sorprendere. scardina l’ordine delle modulazioni e sovverte ogni gerarchia in un carnevale dell’impromptu. E lo sono organicamente. Apollo-Dioniso. che per definizione genera in penombra rispetto alle nomenclature artistiche vigenti. secondo Nietzsche. semmai in regioni fatte d’altra sostanza.. l’incontro con von Webern (uno dei padri del Romanticismo). appunto. È piuttosto il frutto di un’appartenenza (ideale) di cenacolo. Divagazioni gratuite. sbagliando solo nell’identificazione del vero autore: si tratta. appunto. è un parlar d’immaginazione. ipotesi stravaganti non supportate dalle carte? Sta bene. per un attimo fugace entrambi si trovano a porre il nome. nata nel segno di un impulso artistico germanico. rappresentativa . forze di profondità caotiche e magmatiche. sublimi musici e poeti. Ma l’arte e l’estetica ‘di stato’ sempre fraintenderanno. ma come un fiume sotterraneo. Nella rinascita di quegli impulsi giaceva. produrrebbe prima il suo bollettino di deposito SIAE. È il gioco. ma nella produzione di de Lhoyer. soprattutto nell’ uso depravato del suo superuomo. l’uscita dei Sechs Lieder e l’arrangiamento dei sei Préludes. Dice bene dunque il chitarrista John Schneider (citato da Ophee) che definisce ‘perle nascoste’ i Préludes di Giuliani. Altrimenti ogni creazione. Il quale spinge l’eccesso oltre ogni limite. prima di manifestarsi. che porteranno alla Nascita della tragedia di Nietzsche. espressione delle forze della terra. Si è visto che anche nella vita musicale di Giuliani ci sono momenti in cui l’artista è particolarmente assorbito dalla cultura mitteleuropea. ermetica. la vera comprensione dell’eredità di quei Greci presocratici. Ma vallo a spiegare a Malachia… «So chi è stato. poiché l’Empfindsamer Stil non si dà regole.. Sia de Lhoyer che Giuliani vivono nella Mitteleuropa un momento importante della loro vicenda artistica. Per questo motivo esse sono invocate dal pensatore come sommamente artistiche e come unica cura contro la cancrena di un’arte che diviene pericolosamente consolatoria. Questo atteggiamento è serpeggiato in alcuni letterati e musicisti germanici non semplicemente come tensione che contribuisce al passaggio barocco-classico. non produce per la cultura del mainstream – nemmeno quello delle avanguardie.nicchia da cenacolo intellettuale che indugia volutamente nell’oblio ‘orgiastico’ e improvvisativo. ma ci credo… Non v’è certo riscontro nelle carte. possiedono un potere altamente sovvertitore. Quelle forze le quali. ma non ho le prove». negando ogni potere in sé. e la sua regola è: non sarà vero. al tempo della ‘sortita’ sul Fronimo) si rivela giusta. Egli è innegabilmente una figura importante per la storiografia chitarristica.. infondendovi di volta in volta l’impronta della propria personalità. ma Giuliani ne sarà pur sempre ‘patrigno’.. Tuttavia ogni cosa è di grande interesse. ma che solamente in sede di analisi musicale (che lui non ha prodotto.that’s me!») a farsi oggetto di scherzo. meritava. – che il gesto dell’ombrello antiGiuliani avrebbe determinato l’attenzione voluta e che la questione. 44 . Piuttosto. una delle continue e pressanti richieste di licenze fatte da de Lhoyer all’autorità militare per recarsi dalla provincia a Parigi. Che abbia pertanto de Lhoyer i suoi Excercices. Ma lui sapeva – e un po’ ci contava. che egli avanza sulla base dei documenti..15. avendoli senz’altro – per qualche ragione – compresi e amati..la sua ciliegina: negli anni della maturità. sotto il suo naso! Il povero de Lhoyer trasformato nel figliastro di Barry Lyndon. fuorché il pernacchio dell’Echte. Pater sarà piuttosto chi la cattura. si potrebbe rispondere che.alla fine della ricostruzione della vita del colonello .. The very end: tarallucci pugliesi e vino d’Alvernia L’ironia sulle parole dello studioso Matanya Ophee non è tesa a confutare la sua tesi. Per giunta Ophee. sarebbe potuta dipendere da un possibile duello con l’editore Richault. al posto delle sue idee sulla musica dei due chitarristi. ora che le acque sono calme da un po’. e di questo è fatta giustizia.. Mr Ophee!.. Ma al buon Ophee. che ha rivelato grazie alle sue ricerche autori dimenticati e soprattutto pagine di vero pregio. there’s a new boy in town.that’s too much.. reo di aver pubblicato (fatto vero) i Préludes di Giuliani nella capitale. accomoda sulla panna . nella sua sortita.. mater semper certa est : ma sia essa sempre prima l’Intuizione. è stato il suo tono volutamente provocatorio (sul tipo «hey. s’intende.. di là da personali missioni di resa giustizia e di riconoscimenti di paternità. In tal senso il padre ‘naturale’ dei Préludes è certo il brillante colonnello de Lhoyer. Joseph Martin Kraus. per cui Kraus scrisse una sinfonia che fu eseguita nella residenza di Esterháza. Durante il viaggio conobbe Padre Martini. tornò nel 1782 dal suo Grand Tour spesato da Re Gustavo.. È la tesi del professore.Coda Il talentuoso ‘Mozart di Svezia’. Creative Commons 2012 – Pierluigi Potalivo 45 .. PLAGIAAAAT!!! ». in special modo l’ultimo. a Parigi con quello di Cambini… Minchia. in Mi minore. soldati!. che molto lo lodarono. Il giovane era di grandi speranze ma assai poco conosciuto. Ma…. cos’è questo strepito?… «Carica... una seconda. Gluck e Haydn. Così la sinfonia in Re maggiore di Kraus fu pubblicata inizialmente in Ungheria col nome di Haydn. . 100. Ed. Vienna. Bari.83 di Giuliani. Ed. Il Fronimo n.82. Columbus. Ed. da Il Fronimo n. 1832 Matanya Ophee Antoine de l’Hoyer autore dell’op. luglio 1997 Nicola Giuliani La sesta corda . in ordine cronologico. le opere e gli articoli che sono alla base di una porzione delle informazioni contenute in questo articolo. 1995 Erik Stenstadvold Antoine de Lhoyer: riscoperta di un chitarrista compositore dimenticato.Nota bibliografica Nonostante il sacro terrore delle ontologie confessato sopra (e non possedendo una natura così spietata da infliggere dolorose ‘note a piè di pagina’) elenco tuttavia doverosamente. Antoine de Lhoyer Six Excercices pour la guitare op. Levante. Pleyel (1812?) Mauro Giuliani Six Préludes pour la guitarre op. 49-53) Marco Riboni Mauro Giuliani: un aggiornamento biografico. Ed.Orphée. rubrica ‘Idee a confronto’ (pagg. gennaio 1991. Artaria. Virtuoso Guitarist and composer. ottobre 1990. 2008 47 .74. Parigi. Il Fronimo n. gennaio 1993 Thomas F. Il Fronimo n. ottobre 1992 e n.73. 81. Heck Mauro Giuliani.83.27.Vita narrata di Mauro Giuliani.